(Il caso clinico descritto in questo articolo NON è reale. Si tratta di una narrazione esemplificativa di un intervento di terapia breve in età evolutiva che prende spunto da più situazioni modificate e rese opportunamente irriconoscibili).

“Lottare per la perfezione è il più grande freno che esista…”

(Laurence Olivier)

Quando un genitore formula una richiesta di aiuto per un figlio, spesso il primo contatto è una miscela di ambivalenza: magari passerà, o forse no… forse si sta sbagliando qualcosa ma non si capisce cosa, forse è solo questione di tempo o forse potrebbe peggiorare… Nonostante si sia consapevoli che “nel mondo ci sono mali peggiori”, il dramma di un figlio colpisce con una forza inspiegabile che porta con sé il desiderio di porre fine il prima possibile alla fase critica che si sta vivendo. Si ha bisogno di crederci ma si ha anche tanto timore di fare le scelte sbagliate: si è consapevoli che le ricadute delle proprie decisioni impattano direttamente sui figli e sulla vita che vivono e vivranno. Questa è stata anche la premessa al primo contatto, alla richiesta di aiuto, dei genitori di Chiara (nome di fantasia), una bambina di 11 anni che manifestava una sintomatologia ansiosa di fronte a situazioni di performance e di esposizione al giudizio.

 

In prima battuta, si decide di accogliere i genitori di Chiara (prima seduta) per valutare il funzionamento del problema e le risorse dei sistemi di riferimento della bambina, partendo proprio dai genitori. La pianificazione dell’intervento, nella cornice delle Terapie Brevi in Età Evolutiva, può prendere in considerazione diverse tipologie di presa in carico: un lavoro diretto individuale con chi manifesta il “problema”, un lavoro diretto sistemico (che prenda in carico tutta la famiglia, ad esempio), un lavoro indiretto sistemico (con i genitori eletti come “co-terapeuti”), oppure un lavoro indiretto individuale (quando segue il percorso, ad esempio, un solo genitore per una problematica manifestata dal figlio).

 

In questo caso specifico si è optato, in relazione alle caratteristiche di funzionamento del problema e delle risorse, per una combinazione di configurazioni di presa in carico:

  • FASE INIZIALE (prima e seconda seduta): pianificazione intervento indiretto tramite i genitori in prima battuta e gli insegnanti in seconda battuta, con l’obiettivo di intervenire efficacemente e in tempi brevi sull’ansia manifestata da Chiara in contesto specifico, ossia la scuola;
  • FASE INTERMEDIA (dalla terza alla quinta seduta): intervento diretto individuale su Chiara con mantenimento apertura cornice sistemica indiretta (si è lavorato in parallelo con i genitori, e tramite loro con gli insegnanti, dando indicazioni specifiche alla bambina e allineando il suo percorso anche con i feedback dei suoi sistemi di riferimento);
  • FASE FINALE (dalla sesta all’ottava seduta): intervento sistemico diretto, con l’obiettivo di rinvigorire il cambiamento della forza delle risorse attivate e monitorare il consolidamento dei risultati a tre mesi e a sei mesi.

 La fase iniziale

Durante la fase iniziale, viene valutato il funzionamento del problema e vengono analizzate le “tentate soluzioni” messe in atto da tutti gli attori coinvolti, direttamente e/o indirettamente: Chiara, i genitori e gli insegnanti.

Inoltre, viene effettuata un’indagine sulle risorse e sui punti di forza di Chiara e dei suoi sistemi di riferimento.

Chiara è la prima figlia (ha un fratello di 4 anni) e gode di grandi attenzioni da parte dei genitori, anche perché la famiglia non beneficia della vicinanza fisica e del supporto delle famiglie di origine.

La bambina ha buoni rapporti con i suoi coetanei ed è inserita in un buon contesto scolastico, con due insegnanti di ruolo (italiano e matematica) che la seguono dall’inizio della sua avventura nella scuola primaria. Inoltre, ama danzare ed è disinvolta sulle punte, anche di fronte ad esposizioni pubbliche (eccezione al problema).

Il problema si è manifestato a partire dalla III classe della scuola primaria (attualmente frequenta la V classe): all’inizio sembrava sostenibile, ma ora che si avvicina il passaggio alla scuola secondaria di primo grado, diventa nella percezione degli adulti, oltre che della fanciulla, oltremodo critico. Chiara non riesce a sostenere l’esposizione orale: quando viene chiamata alla cattedra per la verifica dei suoi apprendimenti, diventa paonazza, sembra perdere il respiro, si blocca, le viene da piangere, comincia a tremare e sembra possa svenire da un momento all’altro poiché tende ad appoggiarsi alla cattedra e a non riuscire a stare in piedi.

Per ovviare a questa sua difficoltà, gli insegnanti hanno iniziato ad interrogarla dal posto, ma questa soluzione ha riscosso successo per poco tempo poiché Chiara, dopo un primo momento in cui il sollievo di non dover stare in piedi davanti a tutti sembrava farle vivere meglio la verifica orale, ha iniziato ad agitarsi anche dal posto. Così, la situazione attuale prevede: tante rassicurazioni sulla sua bravura, genitori che si prestano ad aiuto-compiti (non perché Chiara ne abbia bisogno ma per sostenerla ed incoraggiarla dicendole che le cose le sa e che deve “solo” affrontare la sua paura); rassicurazioni da parte degli insegnanti e autorizzazione all’evitamento della verifica orale sostituita spesso con lo scritto per sopperire alla difficoltà di Chiara di non riuscire a sostenere l’interrogazione e la difficoltà della scuola di avere delle valutazioni per i suoi apprendimenti effettivi.

Si procede quindi con un primo intervento indiretto tramite i genitori, che vengono accolti nella ridefinizione dell’importanza di tutto quello che hanno provato a fare per sostenere e aiutare la figlia e che sebbene mosso dalle migliori intenzioni non ha prodotto gli effetti desiderati. Le ristrutturazioni presentate loro hanno aiutato a comprendere come funziona l’ansia, evitando di demonizzarla come un qualcosa da evitare e che non si dovrebbe vivere perché collegata ad effetti limitanti. L’attenzione relazionale e comunicativa rivolta ai genitori aiuta a costruire una prospettiva che da una parte costruisce alleanza, il loro sentirsi accolti e capiti, e dall’altra definisce la forza della direzione comune (obiettivo).

Si richiede di bloccare le tentate soluzioni di rassicurazione, strutturando al contempo una sorta di congiura del silenzio su argomento scuola/ansia, interrompendo anche la funzione aiuto-compiti dei genitori, attraverso la formula “scusami Chiara, vorrei ma oggi non posso”. Inoltre, si chiede ai genitori di aprire la possibilità con la scuola di fare un incontro insieme agli insegnanti (seconda seduta), con l’obiettivo di fare squadra rispetto alla difficoltà che Chiara manifesta a scuola.

Si interrompe quindi il circolo vizioso indotto dall’autorizzazione all’evitamento dell’esposizione orale, che alimenta ulteriormente la percezione di incapacità di sostenere lo stare in piedi per dar voce a quello che sa (e che gli altri sanno che sa), con la “buona intenzione” di risparmiare a Chiara la  sofferenza nel non riuscire ad essere fluida e disinvolta (come vorrebbe e potrebbe essere “razionalmente”), che non fa altro che confermarle la sua incapacità, aumentando ansia, insicurezza, senso di inadeguatezza e frustrazione.

A questo si aggiunge un’indicazione data sia ai genitori che agli insegnanti, ossia: oltre a bloccare rassicurazioni, sostituzioni e evitamenti di esposizione, gli si chiede di annotare, osservando senza intervenire, tutte le situazioni in cui si manifesta, o i segnali di, ansia in Chiara.

 La fase intermedia

Nella fase intermedia, si accoglie anche Chiara e viene impostato un intervento diretto per fornirle strategie utili che le consentano l’esposizione alle situazioni da lei ormai evitate e per questo temute e non solo temute e poi evitate. Nello specifico, si utilizzano manovre ristrutturanti con l’obiettivo di allentare il piede dal freno e iniziare a “giocare con la frizione” per imparare a schiacciare l’acceleratore. Vengono inoltre proposte tecniche strategiche, come ad esempio la Peggiore Fantasia e il Dichiarare il Perturbante Segreto (per una disamina di queste tecniche si può consultare la bibliografia di riferimento), al fine di fornirle degli strumenti che le consentissero una sorta di training di esposizione, poiché se si affronta la paura e si accetta l’idea che ci sia, la paura si tramuta in coraggio dando valore a ciò che si fa senza toglierlo a ciò che si è e si può diventare.

I primi passi di Chiara verso “la voce della verifica in piedi” non sono stati “semplici”, non c’è stato un effetto “magia” (problema svanito completamente alla prima esposizione), ma la strategia e l’alleanza sistemica hanno premiato: ci sono stati significativi cambiamenti graduali, anche se in poco tempo, che hanno trasformato la fatica del “vorrei ma non posso aiutarti” dei genitori, del “Chiara vieni all’interrogazione” degli insegnanti, del “ho paura di non riuscire ad essere brava/perfetta” di Chiara, nella conquista di una fanciulla che dal sentirsi “franare” ha imparato a “sfrenarsi sulle punte”. Anche se il “franare” frequentemente fa più rumore, e il “frenare” è spesso preventivo rispetto al pericolo, è esperienza comune per chi si confronta con il mondo della performance, anche nel mondo scolastico, che si può imparare a “giocare di frizione” e a trasformare una difficoltà emotiva in risorsa, per avere una marcia in più laddove si vedeva solo il freno a mano tirato.

 La fase finale

Nella fase finale, si sono ripercorse le tappe di questo breve ma intenso percorso e si è valorizzato la forza delle risorse attivate, che ha permesso di trasformare una difficoltà, che stava diventando un problema, in un’opportunità di apprendimento: per Chiara in primis, ma anche per i suoi genitori e insegnanti.

Questo è un caso esemplificativo dell’utilizzo delle Terapie Brevi in Età Evolutiva e di come, se opportunamente guidati, si può fare tanto con poco, anche se in precedenza si è fatto poco con tante buone intenzioni e, spesso, tanto (a volte troppo) tempo.

 

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Riferimenti bibliografici

Hoyt, M. F. (2017). Brief Therapy and Beyond. Stories, Language, Love, Hope, and Time. Routledge

Leonardi, F., Tinacci, F., (2021). Manuale di psicoterapia strategica. Erickson Editore

Nardone, G. (2012). Aiutare i genitori ad aiutare I figli. Problemi e soluzioni per il ciclo di vita. Ponte alle Grazie.

Scarlaccini, F., Cannistrà, F. e Da Ros, T. (2017). Aiutami a diventare grande. Guida strategica per i problemi di comportamento di bambini e ragazzi. EPC.

Ratner, H. e Yusuf, D. (2015). Brief Coaching with Children and Young People. A solution Focused Approach. Routledge

Schleider, J.L., Mullarekey, M. C. e Dobias, M. L. (2021). The growth mindset. Instant Help Books.

Yusuf, D. (2021). The Solution Focused Approach with Children and Young People. Routledge