Ti capita mai di perderti in qualche pensiero intrusivo o di attuare dei comportamenti che descrivi come ripetitivi? Il fatto che ti succeda, non significa necessariamente che tu abbia un DOC.
In questo articolo ti illustrerò come funziona il Disturbo Ossessivo Compulsivo e come la Terapia Strategica aiuta a gestirlo.
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è una condizione che si sviluppa a partire da un’ “ossessione”, ossia una forma di pensiero, immagine o impulso ricorrente e persistente, che viene vissuta come intrusiva e indesiderata poiché provoca nella persona una sensazione di ansia o un disagio significativo. Più la persona cerca di scacciarla, più le risulta difficile farlo: dubbi e paure principali possono riguardare, ad esempio, l’idea di aver lasciato qualcosa acceso, che la propria casa o la propria persona sia contaminata dalla sporcizia o dal disordine, o che ci si possa ritenere capace di azioni aggressive o violente nei riguardi un altro.
Pur di scongiurare la paura che un evento tra quelli temuti possa verificarsi, la persona si cimenta in “compulsioni”, ossia comportamenti oggettivamente osservabili dall’esterno o atti mentali ripetitivi, eseguiti secondo una rigida regola interna: sempre le stesse azioni, sempre nello stesso ordine. Le compulsioni nel Disturbo Ossessivo Compulsivo non sono collegate in modo realistico a ciò che la persona pensa di prevenire o a cui tenta di riparare, eppure seguono la logica del “Se ha funzionato una volta, funzionerà ancora”.
Ed ecco che lavarsi insistentemente le mani, contare, ripetere parole o frasi, controllare porte o interruttori, mettere in sequenza certi oggetti, assume un significato più ampio.
Per una diagnosi di DOC, secondo il DSM-5, ossessioni e compulsioni devono presentarsi per almeno un’ora al giorno, causare un disagio tale da compromettere il funzionamento della persona e non essere attribuibili agli effetti di una sostanza o di un’altra condizione medica.
Lo scenario strategico
Come per altri disturbi, anche nel caso del Disturbo Ossessivo Compulsivo, la Terapia Breve Strategica vanta la sua efficacia.
Si tratta di un approccio terapeutico che interviene sui comportamenti e sulle interazioni che contribuiscono ad alimentare il problema lamentato dalla persona.
Sviluppato da Paul Watzlawick e dal team del Mental Research Institute di Palo Alto, in California, ha trovato terreno fertile anche in Italia grazie all’impegno di Giorgio Nardone e ai suoi noti interventi pratici e orientati all’azione.
Come funziona la Terapia Strategica?
La Terapia Strategica guida la persona a focalizzarsi su un problema specifico e attuale da risolvere, lasciando da parte le questioni più generali o astratte. L’obiettivo condiviso dal terapeuta e dal paziente è quello di individuare come il problema della persona funziona e grazie a cosa si alimenta: in altre parole, si valuta quando e come esso si manifesta, in presenza o in assenza di chi e dove.
Il terapeuta non si limita ad ascoltare ma, in modo attivo e diretto, accompagna il paziente verso soluzioni pratiche che gli permettano di ottenere sin dalle prime sedute un risultato rapido e tangibile.
Il tutto grazie all’uso di interventi paradossali che dapprima sembrano incoraggiare il paziente a perseverare nei suoi comportamenti ma che in seguito lo portano a rifletterci su e a modificarli (o viceversa!).
La creazione di una nuova percezione e di una nuova credenza passa per sottili atti comunicativi, come l’uso di domande a imbuto o a illusione di alternativa, rivolti non solo al paziente ma anche al suo sistema familiare: cooperare con genitori, partner, sorelle o fratelli riduce la stigmatizzazione legata a un qualsivoglia disturbo che accompagna la persona, rendendo l’intervento terapeutico più efficace. Infatti, come al paziente sono assegnati dei compiti da svolgere tra una seduta e l’altra, lo stesso può essere fatto con familiari e partner.
Come gestire il Disturbo Ossessivo Compulsivo?
Nell’affrontare le difficoltà legate al Disturbo Ossessivo Compulsivo, è importante riconoscere che si tratta di un disturbo complesso e multiforme. Ogni individuo può sperimentarlo in modi diversi, così come diverse sono le tecniche che un terapeuta strategico può adottare di caso in caso.
Ma ancor più delle tecniche, ciò che conta è riportare la persona a un dato di realtà: come ha avuto modo di sperimentare nel tempo, tentativo dopo tentativo, la persona avrà di certo notato che non può contrastare o ridurre i sintomi del proprio Disturbo Ossessivo Compulsivo con la sola forza di volontà. Pertanto, appurato che non possa resistervi, l’unica alternativa che gli si presenta, e nella quale va incoraggiata, è quella di convogliarli in un tempo e in uno spazio ben definiti, secondo una precisa modalità.
La logica da seguire diventa la seguente: non si può non fare, ma si può fare in certi modi invece che in altri.
Sia che chieda al paziente di stabilire un “appuntamento quotidiano con il problema” o di scegliere tra la possibilità di aumentare il numero di volte in cui eseguire le sue compulsioni e di non eseguirle affatto, o di modificare la forma dei propri sintomi, alterandone una piccola caratteristica (es. invertire una sequenza, aggiungere o togliere un elemento, ecc), il terapeuta strategico mette l’individuo di fronte alla rottura del proprio meccanismo interno.
Rendendo controllabile qualcosa di incontrollabile, quale la comparsa del sintomo, lo priva della sua natura e, pertanto, lo estingue.
Secondo diversi studi, nel giro di 7-14 giorni, la Terapia Strategica è già in grado di produrre dei miglioramenti significativi sui sintomi del Disturbo Ossessivo Compulsivo. A tal punto diventa indispensabile mantenere i cambiamenti raggiunti attraverso tecniche di consolidamento e di prevenzione di eventuali ricadute, cosicché poi la terapia si avvii alla chiusura e alla pianificazione dei follow up.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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