Le dipendenze comportamentali rappresentano una delle principali e più difficili sfide psicologiche del nostro tempo. Consistono in una tipologia di comportamento che normalmente si potrebbe definire innocua ma che, se messa in atto e portata all’estremo, è in grado di causare ingenti danni per la persona che ne diventa dipendente e per chi le sta intorno. Per dipendenza comportamentale, infatti, si intende il ricorso eccessivo o compulsivo al gioco d’azzardo, all’uso di internet e dei social media, allo shopping o addirittura al sesso e al lavoro.

L’American Psychiatric Association riconosce questa forma di dipendenza come una condizione clinica a sé stante, sebbene non si associ all’assunzione di una qualche sostanza psicotropa. Eppure, anche se nell’organismo della persona non circoli alcun agente chimico proveniente dall’esterno, analogamente a quanto avviene con le sostanze, a livello cerebrale si osserva l’attivazione del circuito legato alla gratificazione e quindi al desiderio irrefrenabile (o craving) relativo all’attività da compiere (Grant et al., 2010).

Un’opportunità concreta per affrontare in modo mirato ed efficace le dipendenze comportamentali arriva dalle Terapie brevi. Si tratta di un approccio terapeutico, dalla struttura flessibile e orientata al cambiamento, che non solo consente di lavorare in tempi contenuti, ma che mantiene anche alta la motivazione del paziente e ne riduce il rischio di abbandono della terapia.

Nel caso delle dipendenze comportamentali, grazie a un lavoro precoce e orientato alla soluzione, le Terapie Brevi sono in grado di prevenirne la cronicizzazione (Nardone, 2014).

Per le dipendenze comportamentali, infatti, il miglior intervento possibile richiede tempestività e un focus sulla rottura dei meccanismi ripetitivi che sostengono il comportamento disfunzionale: in altre parole, tutto ciò che, tra le dinamiche individuali e i fattori socioculturali, va ad alimentare un determinato problema. Si configurano, dunque, come un prezioso alleato per la persona contro la sua dipendenza.

Interventi brevi nelle dipendenze comportamentali

Le dipendenze comportamentali si sviluppano a partire da semplici comportamenti che, messi in atto in maniera ripetitiva, col tempo si alimentano fino a diventare automatici e difficili da interrompere. Per la persona, dunque, non solo diventa difficile moderare l’intensità e la frequenza di un comportamento disfunzionale, ma quasi impossibile.

Quello stesso comportamento, infatti, diventa irrinunciabile, ha bisogno di essere ripetuto e assume la priorità dinanzi ad altri interessi, doveri e attività. Inoltre, nonostante le sue potenziali conseguenze negative, in termini economici, sociali, di salute mentale o fisica, non mettere in atto quel comportamento significherebbe avvertire i sintomi di una vera e propria astinenza, quali malessere, ansia, irritabilità, ecc., con annesse ricadute.

Per trattare gli automatismi delle dipendenze comportamentali, due approcci di Terapia Breve particolarmente utili sono la Terapia Centrata sulla Soluzione e la Terapia Strategica Breve.

La Terapia Breve Centrata sulla Soluzione

La Terapia Centrata sulla Soluzione è un approccio dialogico e pragmatico che aiuta il paziente a focalizzarsi su ciò che funziona, incoraggiandone l’attivazione delle risorse personali così che possa affrontare le sue dipendenze comportamentali.

Questo percorso non prevede una lunga analisi del proprio passato, ma si concentra sul cambiamento possibile che la persona può realizzare già nel presente, ponendosi degli obiettivi concreti e realistici (Grant et al., 2010). Nelle dipendenze comportamentali, ciò significa lavorare per creare uno scarto tra il bisogno percepito e l’impulso ad agire, favorendo scelte più consapevoli e più funzionali.

La Terapia Strategica: come misurare il cambiamento nelle dipendenze comportamentali

La Terapia Breve Strategica mira, invece, a rompere il legame rigido tra stimolo e risposta, che si instaura anche nel caso delle dipendenze comportamentali. Nello specifico, si lavora per spezzare l’associazione tra una condizione emotiva, come lo stress o la noia, e il comportamento dipendente. Quest’ultimo viene così affrontato non solo a livello di contenuto, ma anche e soprattutto a livello di struttura, “disinnescando”, attraverso tecniche mirate e spesso controintuitive, la logica che lo tiene in piedi.

Una difficoltà comune a tutte le dipendenze comportamentali sta nel capire quando un comportamento che crea dipendenza ritorna ad essere un comportamento abituale non nocivo. Ciò si traduce, da un punto di vista pratico e oggettivamente osservabile, nel fatto che quel dato comportamento comincia a ridursi in termini di intensità, frequenza e durata.

L’indagine di questi elementi è una delle prerogative delle Terapie Brevi, e in particolare della Terapia Strategica. Grazie, infatti, alle tecniche adottate in seduta dal terapeuta strategico e ai compiti che questi “assegna” al paziente tra una seduta e l’altra, sarà possibile ottenere informazioni, seppure indicative, circa la “misurabilità” di un cambiamento.

“Osservare il paziente”

In altre parole, osservare se il paziente reagisce o meno, e in che modo, al lavoro terapeutico permetterà al terapeuta ma soprattutto al paziente, di notare, in tempo reale, come il comportamento in esame sta cambiando.

Pertanto, in caso di risposta positiva al trattamento, al paziente non resterà che continuare così fino a notare un impatto sempre minore della dipendenza comportamentale sulla propria vita. Al contrario, se non vi sono effetti, spetterà al terapeuta provare a cambiare rotta, cambiando la logica dietro l’intervento o l’intervento stesso.

In questo approccio, anche se il grosso del lavoro avviene a livello implicito, vi è un forte coinvolgimento attivo della persona: ogni progresso tangibile rafforza la motivazione e l’autoefficacia del paziente, portandolo a un passo sempre più lontano dal senso di impotenza e dalla perdita di controllo causate dalla propria dipendenza. La responsabilità individuale, infatti, fa tanto: se da un lato gioca un ruolo centrale nel mantenimento della dipendenza, dall’altro può contribuire a spezzarne il ciclo (Nardone, 2014).

Inoltre, è bene ricordare che, pur mantenendo una struttura flessibile e centrata sull’efficacia, anche le Terapie Brevi possono richiedere un’integrazione, quando necessario, con un supporto farmacologico o psichiatrico al fine di garantire il benessere del paziente.

 

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Riferimenti bibliografici

Grant, J. E., Potenza, M. N., Weinstein, A., & Gorelick, D. A. (2010). Introduction to behavioral addictions. The American Journal of Drug and Alcohol Abuse, 36(5), 233–241. https://doi.org/10.3109/00952990.2010.491884

Nardone, G. (2014). Oltre i limiti della paura: Superare rapidamente attacchi di panico, fobie e ossessioni (15ª ed.). Milano: Ponte alle Grazie.

Nardone, G., & Watzlawick, P. (2005). Brief strategic therapy: Philosophy, techniques, and research. Lanham, MD: Jason Aronson.