“Il coraggio che manca ai più è quello di soffrire per cessare di soffrire”
Emil Cioran
Quando la nostra mente viene ferita a causa di esperienze dolorose o spaventose, le emozioni che di solito viviamo nella nostra quotidianità, che in qualche modo abbiamo imparato a gestire, possono diventare improvvisamente ingovernabili.
Questa ingovernabilità potrebbe andare a sconvolgere le emozioni di base e prendere la forma di esplosioni di rabbia, di dolore o di panico.
Un dolore intollerabile, come nel caso di chi soffre del Disturbo Post-Traumatico da Stress, può essere riattivato ogni qualvolta torna a galla un ricordo del passato e far rivivere alla persona esattamente l’impatto emotivo che ha sperimentato nel corso di quell’esperienza traumatica.
Il trauma è il protagonista centrale e questo termine trova ampia diffusione all’interno della psichiatria e della psicologia clinica per significare l’effetto soverchiante di uno stimolo sulla capacità di una persona di farvi fronte in maniera efficace.
La sua derivazione è dal greco, dove significa “ferita”, lacerazione, tanto a livello fisico che psicologico. Una ferita che assume anche le forme di un profondo spartiacque tra un prima e un dopo rispetto alla vita della persona, una vita che non esiste più ma da cui è impossibile separarsi.
Il Disturbo da Stress Post-Traumatico dal punto di vista della nosografia descrittiva
All’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DMS V-TR (APA, 2022), la diagnosi di Disturbo da Stress Post-Traumatico trova collocazione all’interno della sezione dedicata ai Disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti, l’unica sezione tra l’altro a tenere in considerazione tra i criteri diagnostici, l’aspetto eziologico, ovvero il trauma.
I criteri diagnostici prevedono che la persona sia esposta ad un evento/i traumatico/i che riguardi la morte, la minaccia di morte, gravi lesioni o violenza sessuale, attraverso un’esperienza diretta o che abbia assistito o che sia venuta a conoscenza di tali eventi in relazione a membri della famiglia o amici stretti o che abbia fatto esperienza ripetuta di esposizione a dettagli crudi dell’evento/i traumatico/i.
Devono inoltre presenti, uno o più dei seguenti sintomi associati all’evento/i traumatico/i e che abbiano inizio successivamente ad esso:
-pensieri intrusivi e involontari il cui contenuto è legato all’evento/i traumatico/i;
– sogni spiacevoli ricorrenti il cui contenuto è legato all’evento/i traumatico/i;
– reazioni dissociate (flashback)
– intensa e prolungata sofferenza psicologica all’esposizione a fattori scatenanti che in qualche modo richiamano l’evento/i traumatico/i;
– marcate reazioni fisiologiche all’esposizione a fattori scatenanti che in qualche modo richiamano l’evento/i traumatico/i.
Altri sintomi presenti riguardano l’evitamento persistente di stimoli associati all’evento/ì traumatico/i, alterazioni negative di pensieri ed emozioni, sempre associati all’evento/i, marcate alterazioni dell’arousal.
La durata delle alterazioni deve essere superiore ad un mese e creare disagio clinicamente significativo nella vita della persona, nonché compromissione del funzionamento nei principali ambiti di vita. L’alterazione, inoltre, non è attribuibile agli effetti di una sostanza o ad altra condizione medica associata.
Il Disturbo da Stress Post-Traumatico dal punto di vista della diagnosi operativa
Come è ben noto dopo anni di ricerche e sistematizzazioni, il punto di partenza delle terapie brevi ad orientamento strategico, nell’intervento con la psicopatologia, non è tanto l’inquadramento nosografico, quanto l’indagine del funzionamento con un focus specifico su cosa alimenta e tiene in piedi il problema, ovvero sui tentativi che la persona fino a quel momento ha messo in atto per tentare di fronteggiare e risolvere il suo problema, le tentate soluzioni disfunzionali (Watzlawick, Weakland& Fisch, 1974; Nardone & Watzlawick, 1990).
Il trauma ristruttura in maniera disfunzionale il senso della realtà, introducendo un cambiamento spesso “catastrofico” nella vita della persona che vede la propria vita squarciata in due. Anche nel disturbo post-traumatico da stress, un fattore determinante nello sviluppo della psicopatologia, riguarda proprio come la persona reagisce nell’affrontare l’evento traumatico, ovvero quelle che sono state definite coping reactions (Nardone, Cagnoni &Milanese, 2007).
Da un punto di vista operativo, infatti, è opportuno sottolineare che non tutte le persone esposte a eventi stressanti traumatici sviluppano un disturbo.
Le coping reactions
Sono le modalità che la persona mette in atto per liberarsi del proprio passato traumatico a determinare se riuscirà o meno ad elaborare in maniera efficace il trauma o se, piuttosto, evolverà in un disturbo, dove il passato continuerà a tenere la persona incatenata, in ostaggio rispetto alla possibilità di vivere il presente e il futuro.
In tale ottica, le coping reactions individuate alla base del mantenimento del Disturbo da Stress Post-Traumatico sono principalmente tre:
- Il tentativo di controllare i propri pensieri e di cancellare l’esperienza traumatica;
- L’evitamento di tutte le situazioni associabili al trauma;
- La richiesta di aiuto, di rassicurazioni e le lamentele.
Controllo, evitamento e richiesta di aiuto diventano le tre modalità con cui la persona, nel tentativo di liberarsi del trauma, finisce per costruire la propria vita intorno al trauma (Van der Kolk, McFarlene & Weisaeth,1996). Tutte queste strategie, infatti, seppur nella loro diversità, condividono lo stesso meccanismo di fondo, ovvero aiutare la persona a distrarsi, a distaccarsi dall’evento traumatico. E nel tentativo disperato di cancellare il passato, quel passato, in maniera paradossale, invade completamente il presente (Cagnoni & Milanese, 2009).
Come interviene la terapia breve nel trattamento del Disturbo da Stress Post-Traumatico
Una premessa necessaria quando si parla di cambiamento terapeutico è che non esiste un’unica tipologia di cambiamento possibile, ma è opportuno saper scegliere quella che meglio si adatta alla logica di funzionamento del problema. È fondamentale, pertanto, che l’intervento venga confezionato ad hoc relativamente a tutti e tre i livelli che costituiscono l’intervento terapeutico: le strategie, la comunicazione e la relazione (Cagnoni & Milanese, 2009).
Il terapeuta, dunque, dovrà non solo saper selezionare le strategie di intervento utili, ma anche sintonizzare la comunicazione sulle specifiche modalità percettive ed emotive di quel paziente, prediligendo una modalità suggestiva che sfrutti a pieno le potenzialità del linguaggio evocativo.
Nei pazienti che presentano un Disturbo da Stress Post-Traumatico, infatti, la resistenza al cambiamento è rappresentata da un mix di paura, dolore e rabbia, che fanno si che per questa tipologia di disturbo, le caratteristiche del terapeuta e le sue modalità comunicative, diventino delle variabili di fondamentale importanza per la riuscita dell’intervento (Milanese & Mordazzi, 2007).
Obiettivo principale di un intervento che possa ritenersi efficace – ed efficiente- è consentire alla persona di riappropriarsi, nel minor tempo possibile, della propria temporalità e delle proprie risorse, bloccate dai tentativi di liberarsi del passato traumatico.
Dopo che viene definitivo il problema, e rivelato dunque il sistema percettivo-reattivo del paziente, vengono messe in atto le prime manovre, volte a bloccare il circolo vizioso innescato dalle coping reactions disfunzionali messe in campo.
“Se vuoi venirne fuori devi passarci nel mezzo” : il romanzo del trauma
Un aspetto comune a tutte le persone con un disturbo post-traumatico da stress è l’urgenza di risolvere il problema, di venirne fuori il più in fetta possibile (Nardone, Cagnoni & Milanese, 2021).
Questo bisogno però di essere capiti, aiutati, ascoltati e compresi non è sempre sostenuto da una altrettanta capacità di comunicare il trauma: su questo punto diventano fondamentali le competenze comunicative del terapeuta che deve riuscire a sintonizzarsi sulla difficoltà emotiva della persona e guidare la persona verso una delle manovre di sblocco fondamentali per il disturbo post-traumatico da stress, ovvero il romanzo del trauma (Nardone, Cagnoni & Milanese, 2007).
Questa manovra, che risponde alla logica dell’esprimere per elaborare (Cannistrà, 2018) ha l’obiettivo di far ripercorrere alla persona per iscritto, tutti i ricordi associati al trauma, soprattutto nei casi in cui i ricordi dolorosi si associno anche a sensi di colpa e rancori, che hanno bisogno di un congruo tempo per decantare, prima di arrivare a liberare la persona.
Questa manovra trova la sua efficacia nell’unire incisività ma anche delicatezza, direttività ma anche rispetto per la persona e per la sua possibilità di scegliere cosa e come scrivere.
Dare alla persona la possibilità di esternalizzare il proprio dolore per iscritto, ha un effetto catalizzatore: far defluire il flusso emotivo in modo graduale, lasciandolo al foglio.
Ripercorrere quotidianamente per iscritto un evento traumatico, infine, consente alla persona di distaccarsi gradualmente dalla paura, dal dolore e dalla rabbia che esso ha provocato: come i piaceri, quando diventano delle abitudini, perdono di piacevolezza, anche le sensazioni dolorose, perdono di sgradevolezza, quando diventano abitudini.
Come recita una famosa frase di Ugo Ojetti “chi è descrive il proprio dolore, anche se piange, è sul punto di consolarsi”.
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Bibliografia di riferimento
Cannistrá, F. (2018, December 6). The nine logics beneath brief therapy interventions. Short course, Brief Therapy Conference, Burlingame, CA: sponsored by Milton H. Erickson Foundation.
Cagnoni, F., & Milanese, R. (2009). Cambiare il passato. Superare le esperienze traumatiche con la terapia strategica. Milano: Ponte alle Grazie.
Milanese, R. & Mordazzi, P. (2007). Coaching strategico: trasformare i limiti in risorse. Milano: Ponte alle Grazie
Nardone, G., Cagnoni, F., & Milanese, R. (2007). The strategic treatment of post-Traumatic stress disorder, Journal of Briefing, Strategic and Systemic Therapies, vol.2.
Nardone, G., Cagnoni, F., & Milanese, R. (2021). La mente ferita. Attraversare il dolore per superarlo. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G. & Watzlawick, P. (1990). L’arte del Cambiamento: manuale di terapia strategica e ipnoterapia senza trance. Milano: Ponte alle Grazie.
Van der Kolk, B.A., McFarlene, A.C., & Weisaeth, L. (1996). Traumatic Stress. The effects of overwhelming esperienze on mind, body ad society. New York: Guildford Press.
Watzlawick, P., Weakland, J.H., & Fisch, R. (1974). Change: principles of problem formation and problem solution. Nel York: Norton (tr. It. Change: la formazione e la soluzione dei problemi. Astrolabio: Roma, 1974)