“Ti amo perché ho bisogno di te”
Dare oggi una definizione concreta ed esaustiva di cosa sia la dipendenza affettiva non è semplice. Può assumere diverse forme e nomi: love addiction, codipendenza, dipendenza relazionale.
Ma quindi… come possiamo definirla operativamente?
La dipendenza affettiva può essere intesa come un modello relazionale disfunzionale, caratterizzato da un attaccamento eccessivo a un’altra persona. Comporta comportamenti di sottomissione, ansia da separazione, continua ricerca di approvazione e affetto. Chi ne soffre fatica a mantenere un equilibrio tra la propria autonomia e l’identità personale. La paura dell’abbandono domina (“Non posso fare a meno di te”), portando spesso a comportamenti di controllo sull’altro e al sacrificio dei propri bisogni pur di mantenere viva la relazione.
Come riconoscere una persona con dipendenza affettiva?
- Bassa autostima e scarsa fiducia in sé stessa
- Difficoltà nella gestione delle emozioni
- Scarsa fiducia nelle relazioni
- Ricerca compensatoria di legami simbiotici con figure idealizzate
- Difficoltà a tollerare la separazione
- Sentimenti persistenti di frustrazione e tristezza
- Sensazione cronica di esaurimento emotivo ed energetico
- Scarso radicamento nella realtà
“E se avessimo a disposizione un unico incontro?”
Terapeuta e cliente si incontrano per il loro “momento d’oro”. È in questo spazio che inizia il lavoro trasformativo, sfruttando al massimo il potenziale di una Terapia a Seduta Singola (TSS). Vediamo i passaggi fondamentali.
1. Definizione del problema
Il terapeuta guida il cliente nell’esplorare cosa alimenta la sua dipendenza affettiva, analizzandone la natura, il funzionamento interpersonale, i comportamenti associati e i pensieri ricorrenti.
2. Chiarimento e definizione degli obiettivi
Insieme, cliente e terapeuta stabiliscono obiettivi chiari, concreti e realistici, secondo il modello SMART (Specifici, Misurabili, Attribuibili, Realistici e Temporalizzati). L’obiettivo chiave della seduta è far emergere ciò che il cliente desidera raggiungere entro la fine dell’incontro.
3. Prioritizzazione
Il terapeuta chiede al cliente quale obiettivo affrontare per primo. Potrebbe scegliere un nodo centrale o uno più semplice per ottenere un primo successo. Piccoli passi per grandi cambiamenti.
4. Raccolta del riscontro
Attraverso domande mirate, il terapeuta verifica costantemente se il percorso intrapreso è in sintonia con i bisogni del cliente, adattando l’intervento di conseguenza.
5. Teoria del cambiamento del cliente
Il terapeuta esplora con il cliente cosa potrebbe favorire il cambiamento desiderato, facendo emergere risorse già presenti, esperienze positive precedenti e eccezioni al problema. L’obiettivo è valorizzare ciò che già funziona, per amplificarlo.
6. Tentate soluzioni disfunzionali
Si analizzano i comportamenti messi in atto nel tentativo di affrontare il problema, ma che in realtà lo mantengono o lo peggiorano. Il terapeuta aiuta a bloccare, modificare o sostituire queste azioni inefficaci.
7. Esplorare e sperimentare nuove soluzioni
Il terapeuta propone e co-costruisce con il cliente possibili alternative da mettere in pratica. Se possibile, si sperimentano già durante la seduta per favorire esperienze emozionali correttive.
Concludere la seduta
Al termine dell’incontro, il terapeuta sintetizza quanto emerso e può suggerire compiti concreti (prescrizioni) da svolgere tra una seduta e l’altra – o nel caso della TSS, dopo l’unico incontro – per favorire il cambiamento. Se utile, può intervenire anche con strategie paradossali.
Infine, si esplora se il cliente sente che l’incontro sia stato sufficiente.
Se necessario, potrà sempre tornare: la porta resta aperta.
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Bibliografia
- Borgioni M. (2015). Dipendenza e contro-dipendenza affettiva: dalle passioni scriteriate all’indifferenza vuota. Alpes Italia SRL.
- Cannistrà F., Piccirilli F. (2018). Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti Editore.