Quando ho sentito parlare per la prima volta di Terapia a Seduta Singola (TSS) nella mia testa subito mi si sono accese le spie dello scetticismo. Ancora non mi avvicinavo alle terapie brevi e sebbene fossi incuriosita da queste, pensare addirittura di poter risolvere problemi in una sola seduta lo trovavo eccessivo. Tuttavia mi sono avvicinata con curiosità e un pizzico di sfida a questo metodo e subito ho avuto prova di quanto in realtà fosse non solo possibile ma anche efficace e valido come approccio.

Formandomi con i migliori esperti in Italia di Terapia a Seduta Singola tutti i miei dubbi sono stati fugati da dimostrazioni pratiche e dati scientifici, per questo in questo articolo risponderò alle critiche più frequenti che vengono mosse alla Terapia a Seduta Singola.

La Terapia a Seduta Singola (TSS) è un metodo che si propone di offrire benefici significativi al paziente in un’unica seduta, senza escludere la possibilità di ulteriori incontri. Questo modello, nato dall’esigenza di rispondere rapidamente alle problematiche delle persone, ha iniziato a farsi strada nella comunità psicologica dagli anni ‘90, suscitando grande interesse ma anche diverse critiche. Esaminiamole una a una.

E’ possibile un cambiamento in una sola seduta?

Uno dei dubbi più frequenti sulla Terapia a Seduta Singola è che un solo incontro non possa bastare per risolvere problematiche complesse e per dar luogo a un cambiamento terapeutico.

In realtà, il cambiamento è qualcosa che fa parte non solo della terapia ma più in generale dell’esperienza umana: siamo tutti soggetti a cambiamenti rapidi e improvvisi nella vita, a volte per eventi a cui assistiamo, altre per cambi di prospettiva interiori che hanno generato progresso o crescita.

Non è detto che per risolvere grandi problemi che esistono da lungo tempo sia richiesto tanto tempo.

Molto spesso infatti una seduta può aiutare a disinnescare ciò che non funziona avviando la persona al cambiamento.

Problemi complessi = intervento complesso?

Un altro degli argomenti critici più comuni è che la Terapia a Seduta Singola possa promuovere una visione riduttiva o semplificata delle problematiche complesse.

Watzlawick sosteneva che un problema complicato va trattato come se fosse molto semplice.

Questo non vuol dire sminuire l’entità della patologia o della problematica, sottolinea bensì la necessità di rimanere focalizzato su un unico obiettivo e di procedere per gradi, individuando la priorità per il paziente e sbloccando le sue risorse. Inoltre le ricerche confermano che gravità e complessità del problema non sono direttamente correlate alla durata del trattamento.

Creare un’alleanza terapeutica in un solo incontro

Altro dubbio su cui molti si soffermano è la necessità di avere bisogno di tempo per poter creare una relazione terapeutica efficace.

Tuttavia anche una semplice seduta può essere sufficiente per costruire una buona relazione, tanto che ormai si è concordi nel ritenere il primo colloquio di un percorso psicologico come cruciale per creare fiducia.

I presupposti infatti di una buona alleanza terapeutica si concretizzano in fattori quali l’accettazione, la comprensione, l’empatia e il dialogo. Uno dei punti più importanti della Terapia a Seduta Singola è infatti di mantenere un sano interesse verso la persona, enfatizzando i suoi punti di forza.

E il passato?

Come facciamo ad indagare e approfondire il passato della persona in un solo incontro?

Questa domanda sorge per lo più perché dettata dall’idea che per poter conoscere e aiutare davvero una persona dobbiamo scavare a fondo nel suo passato e nella sua storia.

Non è detto che conoscere la vita del paziente sia indispensabile per poterlo guidare nel presente e nel suo futuro. Ai pazienti interessa stare bene e non tutti sentono il bisogno di raccontarsi in ogni dettaglio del passato ai fini della soluzione del problema.

Dunque, seppur importante, il passato non è un taboo nella Terapia a seduta singola ma non è neanche il suo obiettivo.

Critiche etiche e aspettative del paziente

Jeff Young, un autore influente nel campo della Terapia a Seduta Singola, mette in evidenza questioni di natura etica.

L’idea che una singola seduta possa essere sufficiente potrebbe creare aspettative irrealistiche nei pazienti o indurre una sottovalutazione della complessità del loro disagio. Egli evidenzia il rischio di lasciare il paziente insoddisfatto se la seduta non porta i risultati sperati, con il pericolo di scoraggiarlo dal cercare ulteriori aiuti psicologici.

E’ importante a tal fine che il terapeuta non escluda la necessità di altri incontri. Il nostro mindset di terapeuti deve essere in tal senso dinamico e flessibile, aperto a diversi scenari.

Le risposte dei sostenitori della Terapia a Seduta Singola

Nonostante queste critiche, i sostenitori della Terapia a Seduta Singola, tra cui Hoyt e Cannistrà, ribadiscono che l’approccio non si propone di essere una panacea universale, ma uno strumento flessibile da utilizzare quando appropriato. Hoyt sottolinea che molte persone ottengono benefici significativi anche da una singola seduta, e Cannistrà afferma che l’obiettivo della Terapia a Seduta Singola è proprio quello di adattarsi alle esigenze immediate del paziente, rispettandone il ritmo e il contesto. Dunque la flessibilità del terapeuta gioca un ruolo cruciale: non possiamo escludere la necessità di altri incontri.

La Terapia a Seduta Singola rappresenta un modello innovativo e utile, soprattutto in un’epoca in cui le risorse per la salute mentale sono spesso limitate.

Tuttavia, come evidenziato da Hoyt, Cannistrà e Young, è essenziale adottare questo approccio con consapevolezza dei suoi limiti.

La Terapia a Seduta Singola non può sostituire interventi più complessi e continuativi, ma può rappresentare una risorsa preziosa per affrontare problematiche specifiche e circoscritte.

La chiave del successo risiede nella capacità del terapeuta di valutare attentamente il caso e integrare la Terapia a Seduta Singola in un quadro terapeutico più ampio e flessibile.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a seduta singola. Principi e Pratiche. Firenze: Giunti Psychometrics.

Hoyt, M. F., & Talmon, M. E. (2014). Capturing the moment: Single session therapy and walk-in services. Crown House Publishing Limited.

Watzlawick, P., & Nardone, G. (Eds.). (1997). Terapia breve strategica. Milan: Cortina.