(Nel rispetto della privacy la narrazione riportata attinge a un insieme di casi simili di persone diverse, utili alla descrizione dei principi pratici e teorici riportati, e rinarrati per scopi esemplificativi come un’unica storia.)

Primo incontro

Maria entra nello studio con un’aria tesa, le mani strette attorno alla sua borsa, come se cercasse un appiglio. Si siede e accavalla le gambe, mentre il suo sguardo si posa su un punto indefinito davanti a sé. Si sistema i capelli dietro l’orecchio e prende un respiro profondo prima di parlare: “Non so nemmeno da dove cominciare… Mi sento sempre sotto pressione. È come se la mia testa fosse un continuo elenco di cose da fare, una lista infinita che non riesco mai a completare. Anche quando mi prendo una pausa, non riesco a rilassarmi davvero, perché penso a tutto quello che ancora devo sistemare.”

Il terapeuta annuisce con attenzione, lasciando che Maria si prenda il tempo per esprimere il suo disagio. Poi, con un tono calmo, le pone una domanda fondamentale per dare una direzione all’incontro:

Terapeuta: “Maria, oggi sei qui e hai deciso di fare questo passo. Cosa speri di ottenere da questo incontro? Se questo tempo insieme fosse davvero utile per te, cosa dovrebbe accadere affinché tu possa dire di essere soddisfatta della seduta?”

Maria sembra sorpresa dalla domanda, come se non ci avesse mai pensato davvero. Si prende un momento per riflettere, poi risponde con un filo di esitazione: “Vorrei capire come smettere di sentirmi sempre così sopraffatta. Vorrei un po’ di pace nella mia testa, senza dover pensare continuamente a cosa devo fare dopo.”

Il terapeuta la incoraggia a esplorare meglio la sua richiesta: “Quando dici ‘un po’ di pace nella tua testa’, come potremmo accorgerci che questa pace sta iniziando a manifestarsi nella tua vita? Ci sarebbe qualcosa di diverso nel tuo modo di affrontare la giornata?”

Maria inclina leggermente il capo, come se stesse cercando di immaginare la scena: “Forse… riuscirei a godermi di più i momenti. Tipo fare colazione senza pensare a tutto quello che devo sistemare prima di uscire.”

Il terapeuta coglie questo spunto e decide di guidarla verso un’esplorazione più profonda della realtà che desidera costruire. Introduce quindi la Miracle Question, uno strumento potente per aiutarla a visualizzare un futuro possibile senza ansia: “Immaginiamo che questa notte, mentre dormi, accada qualcosa di straordinario: un miracolo. Quando ti svegli domattina, tutti i tuoi problemi legati all’ansia sono spariti, ma tu non lo sai subito. Quali sarebbero i primi segnali che ti farebbero capire che qualcosa è cambiato?”

Maria si ferma un attimo, socchiudendo gli occhi come se stesse davvero cercando di vedere quella realtà alternativa.

Maria: “Mi sveglierei sentendomi più leggera. Scenderei dal letto senza quella sensazione di fretta, senza il bisogno di dover subito mettermi in azione. Farei colazione con calma, senza pensare che devo sistemare tutto immediatamente. Magari potrei perfino chiacchierare un po’ con la mia compagna, senza avere la testa già piena di cose da fare.”

Il terapeuta le sorride, sottolineando l’importanza della sua risposta: “Quindi, nel tuo giorno ideale, la mattina inizia con più calma e meno pressione. E nella tua routine, quale sarebbe la prima cosa che noteresti diversa nel tuo comportamento?”

Maria riflette: “Forse non mi sentirei in colpa se lasciassi qualcosa fuori posto per un po’. Potrei rimandare certe cose senza avere quella voce dentro che mi dice che devo sistemare tutto subito.”

Il terapeuta prende questo come un primo punto di lavoro: aiutare Maria a introdurre piccoli cambiamenti che la avvicinino alla realtà che ha appena descritto. Ma prima di procedere oltre, c’è un altro passaggio importante: capire dove si trova attualmente rispetto a questo scenario ideale.

Terapeuta: “Maria, immaginiamo ora una scala che va da 0 a 10. Lo 0 rappresenta il momento in cui ti senti più sopraffatta, quando tutto sembra troppo da gestire. Il 10 invece è quel giorno ideale che hai appena descritto, in cui ti senti leggera, calma e in equilibrio tra ciò che devi fare e ciò che vuoi fare. Oggi, su questa scala, dove ti collocheresti?”

Maria abbassa leggermente lo sguardo, prende un momento per riflettere, poi risponde: “Credo di essere a un 3.”

Terapeuta: “Ok, quindi non sei a 0. Cosa ti ha permesso di essere a un 3 e non a un 2 o addirittura a un 1?”

Maria rimane sorpresa dalla domanda: “Forse il fatto che comunque cerco di organizzarmi. Anche se mi sento sopraffatta, alla fine riesco sempre a portare a termine quello che devo fare.”

Terapeuta: “E se domani ti svegliassi e ti sentissi già a un 4, cosa succederebbe di diverso? Quali sarebbero le piccole cose che faresti in modo un po’ diverso?”

Maria ci pensa un momento, poi sorride leggermente: “Forse potrei evitare di pulire tutto perfettamente prima di uscire. Magari potrei concedermi di lasciare qualche piatto nel lavandino e prendermi un caffè con la mia compagna prima di andare al lavoro.”

Terapeuta: “Ottimo. E nel resto della giornata? Ci sarebbero altri segnali, magari piccoli, che ti farebbero dire ‘ecco, sono a un 4’?”

Maria ci pensa ancora, poi aggiunge: “Forse al lavoro mi darei qualche pausa in più senza sentirmi in colpa. Potrei concedermi cinque minuti per bere un caffè senza pensare immediatamente alla prossima cosa da fare. E poi… tornando a casa, potrei notare che mi sento meno in dovere di fare subito tutto, che posso rimandare certe cose senza che diventi un problema enorme nella mia testa.”

Terapeuta: “Quindi, essere a 4 non significa stravolgere tutto, ma accorgerti che inizi a concederti un po’ più di flessibilità. Significa notare quei piccoli momenti in cui l’ansia non ha il controllo totale, in cui scegli di rallentare anche solo di poco.”

Maria sorride leggermente. Il cambiamento, formulato così, sembra più accessibile.

Terapeuta: “Nei prossimi giorni, il tuo compito sarà proprio questo: notare ogni piccolo segnale che ti dice che sei a un 4, anche solo per pochi minuti. Non devi forzarti a cambiare nulla, solo accorgerti di quando questo accade spontaneamente. Potresti anche annotarlo, se ti va.”

Maria: “Mi piace l’idea. Invece di pensare sempre a cosa devo migliorare, cercherò di vedere cosa sta già cambiando.”

Terapeuta: “Esatto. Il cambiamento spesso avviene prima ancora che ce ne rendiamo conto. Il nostro lavoro sarà accorgerci di questi segnali e aiutarli a diventare più frequenti e naturali.”

Maria si alza, visibilmente più rilassata rispetto all’inizio della seduta. Esce dallo studio con una nuova prospettiva: non deve rivoluzionare la sua vita da un giorno all’altro, ma semplicemente notare ogni piccolo progresso che la avvicina al suo obiettivo.

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