Una piccola introduzione

L’interesse per la famiglia inizia ad emergere negli Stati Uniti negli anni ‘50, investendo diversi ambiti scientifici (psicologico, psicoterapeutico, sociologico e demografico).
In quel periodo, la spinta a occuparsi della famiglia come soggetto sociale nasceva da molteplici esigenze sia di tipo scientifico, che socio culturale.
In ambito scientifico, si cominciava a riscontrare l’esigenza di rivedere i modelli concettuali con cui veniva definita e trattata la malattia mentale. Alcuni terapeuti delusi dai risultati derivanti dalle pratiche terapeutiche in campo psichiatrico e psicoanalitico, cominciarono a porre attenzione al gruppo sociale con cui il paziente psichiatrico era in relazione, spostando l’interesse dall’individuo alla sua famiglia. Secondo questa nuova ottica i problemi psichiatrici cominciarono ad essere considerati e trattati, non più come espressione della patologia del singolo individuo, ma come effetto di una disfunzione nelle relazioni familiari.
Sul piano socio-culturale, l’interesse dei ricercatori per la sfera sociale era legato principalmente alla crisi delle istituzioni e all’aumento delle malattie mentali. Tale situazione indusse gli studiosi a riconsiderare le basi dell’assistenza psichiatrica e ad intravedere nella terapia familiare, declinata nella forma di terapia breve, praticabile anche all’esterno delle strutture ospedaliere, il modello d’intervento più adeguato per rispondere sia alle esigenze delle persone, che alle esigenze economiche dei servizi sanitari, impegnati nel lavoro con nuove forme di malattia mentale, di devianza e di emarginazione (Andolfi, 2005).

In questo clima socio culturale, la ricerca e la sperimentazione nell’ambito della famiglia si è sviluppata su due diversi orientamenti:
l’orientamento Sistemico, proprio della Scuola di Palo Alto (Bateson, Watzlawick e Jackson), estraneo alla psichiatria e alla psicoanalisi, basato sull’applicazione delle scienze tecnologiche ai sistemi umani;

l’orientamento Psicodinamico, volto allo studio trigenerazionale della famiglia, con il contributo di studiosi come Ackerman, Framo, Bowen, Whitaker;

– infine, in una posizione intermedia l’approccio strutturale di Salvador Minuchin (Bertrando, Toffanetti, 2010).

La Terapia Sistemico-Strategica

Questa deriva, come accennato sopra, dalle ricerche sulla schizofrenia e sulla comunicazione umana effettuate dal gruppo di ricercatori del Mental Research Institute (MRI) di Palo Alto, in California, gruppo composto da Gregory Bateson, Jay Haley, John Weakland, Don Jackson e Virginia Satir.
Tale teoria parte dal presupposto che ogni organismo, compresa la famiglia, è paragonabile ad un sistema composto da un insieme di parti che interagiscono tra loro, tutte volte a preservare un equilibrio, pur mantenendo un continuo scambio con l’ambiente esterno basato su un processo di retroazione. Per comprendere meglio le regole di funzionamento della famiglia può essere utile analizzare le principali proprietà dei Sistemi Aperti:
la totalità e non-sommatività: ogni membro della famiglia è in rapporto tale con gli altri membri del sistema che ogni cambiamento di un ognuno, modifica ed investe tutti gli altri; pertanto la famiglia è rappresenta da un sistema interpersonale diverso dalla semplice somma dei sui componenti;
la retroazione (negativa o positiva): la retroazione negativa caratterizza l’omeostasi ovvero la tendenza del sistema familiare a mantenere la sua coesione e la sua stabilità; la retroazione positiva indica la tendenza interpersonale del sistema a cambiare, ovvero a ricalibrare le relazioni secondo diverse modalità (morfogenesi);
l’equifinalità: nei sistemi aperti i risultati finali (ovvero le modificazioni dello stato dopo un certo periodo di tempo) non sono determinati dalle condizioni iniziali, ma dalla natura del processo o dai parametri del sistema (Bateson, Watzlawick e Jackson, 1967).

Secondo questo approccio, quindi, la famiglia può essere definita come un sistema di relazioni affettive, in continua evoluzione, all’interno della quale ogni individuo affronta le principali fasi evolutive della propria vita. Ogni struttura familiare oltre ad evolvere e a trasformarsi, tende allo stesso tempo a sviluppare e conservare una propria identità, privilegiando quei sistemi di regole e convinzioni in grado di mantenere la stabilità e la coesione interna. Secondo questa prospettiva, anche i valori, le credenze, i comportamenti, gli stili di pensiero, gli affetti dei vari membri sono connessi fra loro secondo una logica di reciproche interazioni, sulla base delle quali le relazioni familiari si organizzano e si modificano nel tempo secondo una linea evolutiva.
Quando le regole che governano i rapporti familiari diventano troppo rigide, viene meno il buon funzionamento del gruppo familiare e dei singoli membri che tendono a rimanere vincolati a modelli di relazioni non più in grado di adattarsi alle difficoltà e al cambiamento dei contesti. Ogni famiglia, infatti, attraversa diverse fasi di sviluppo definite ciclo di vita. In psicologia il concetto di ciclo di vita nasce con l’attenzione allo sviluppo individuale da parte di studiosi come Erickson (1950), che ha inteso tale sviluppo come un processo continuo che si estende dalla nascita fino al termine della vita, attraversando otto stadi, caratterizzati ognuno da un conflitto o evento critico che deve essere superato per poter passare alla fase successiva. Ogni fase è caratterizzata da un certo numero di compiti evolutivi che devono essere risolti per proseguire nel proprio sviluppo. Ad ogni stadio evolutivo, inoltre, corrisponde un bisogno emotivo individuale collegato ad una relazione significativa che, soprattutto nelle prime fasi del ciclo di vita dell’individuo, è rappresentata dalla famiglia stessa.
La costruzione del senso d’identità pertanto avviene attraverso l’esperienza dell’appartenenza e della differenziazione al sistema familiare. L’appartenenza si forma attraverso l’acquisizione di modelli di relazione che si ripetono in famiglia; in questo senso, il sistema familiare ne rappresenta il principale contesto di apprendimento. La differenziazione e il senso di individualità si sperimentano, invece, attraverso la partecipazione di ciascun membro della famiglia, sia ai diversi sottosistemi familiari sia ai gruppi extra-familiari.
È fondamentale, in questo senso, il contributo di Bronfenbrenner (1979) con il suo modello ecologico, secondo il quale, l’ambiente rilevante per lo sviluppo di un individuo deve comprendere, oltre alla famiglia e il gruppo dei pari (micro sistemi, mesosistemi) anche i sistemi ambientali di ordine più generale che interagiscono tra loro (ecosistema, macrosistemi).

A partire da ciò, l’intervento Sistemico – Strategico nell’ambito familiare si caratterizza per l’utilizzo di specifiche metodologie e tecniche di intervento.

Nella fase di ingaggio il terapeuta Sistemico – Strategico procede con la ristrutturazione del sintomo all’interno del nucleo familiare e delle sue relazioni. Per ristrutturazione del sintomo si intende, da un lato, la ridefinizione nell’immediato (qui e ora) del significato che assume all’interno dei rapporti familiari; dall’altro lato, invece l’esplorazione dei precedenti tentativi di soluzione adottati per la soluzione del problema presentato, al fine di non percorrere strade già provate e ritenute inefficaci.
Questa prima azione, oltre a permettere al terapeuta di creare la base per un’alleanza terapeutica che gli consentirà in futuro di intervenire sulla storia familiare e arrivare alle radici del problema, gli consentirà di stabilire e condividere gli obiettivi del lavoro con la famiglia.
Per giungere a ciò, il terapeuta ricorre all’utilizzo di tecniche paradossali e prescrizioni di compiti, non attribuendo particolare importanza all’insight, ma alla ristrutturazione positiva del sintomo stesso. Il ruolo di tali tecniche, infatti, non è quello di far giungere i partecipanti alla semplice comprensione del problema, ma è quello di creare connessioni alternative tra azioni e convinzioni all’interno delle interazioni familiari, al fine di generare cambiamenti reali nel nuovo modo di relazionarsi.

Il terapeuta pertanto, da un lato, seguirà le retroazioni della famiglia di fronte agli stimoli proposti, dall’altro lato, continuerà a sollecitare il nucleo familiare con domande, prescrizioni e compiti che porteranno il sistema a nuovi equilibri. Nel procedere con il trattamento è di fondamentale importanza riconoscere l’intera famiglia come risorsa, valorizzando anche i più piccoli segnali di cambiamento mostrati dai vari componenti della famiglia. Tutto ciò permetterà al terapeuta sia di aiutare la famiglia a consolidare i mutamenti avvenuti, sia di condurre tutti i membri della famiglia a percepirsi come componenti fondamentali e attivi del sistema, allargando il focus dell’intervento dal paziente designato all’intero sistema delle relazioni.

Dott.ssa Angelica Giannetti

Psicologo, Psicoterapeuta

Specialista in Psicoterapia Breve ad Approccio Strategico

 

 

Riferimenti bibliografici

Andolfi, M., 2005, I Pionieri della terapia familiare, Franco Angeli, Milano.

Bertrando,P ., Toffanetti, D., 2000, Storia della terapia familiare. Le persone e le idee, Raffaello Cortina, Milano.

Watzlawich, P., Beavin, J.H., Jackson, Don D., (1967), Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma.

Haley, J., 1973, Terapie non comuni, Astrolabio, Roma.

Fisch, R., Weakland, J., H., Segal, L., 1982, Change: le tattiche del cambiamento, tr. it., Astrolabio, Roma.

Foerster, H. Von, 1987, Sistemi che osservano, Astrolabio, Roma.

Glasersfeld, E. Von, 1988, Introduzione al costruttivismo radicale, Feltrinelli, Milano.

Glasersfeld, E. Von, 1995, “Radical Constructivism”, The Falmer Press, London.

Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fisch, R., 1974, Change. La formazione e la soluzione dei problemi, Astrolabio, Roma.

Watzlawick, P., 1980, Il linguaggio del cambiamento:elementi di comunicazione terapeutica, Astrolabio, Roma.

Watzlawick, P., 1981, La realtà inventata, Feltrinelli, Milano.

Watzlawich, P., Nardone, G., 1980, (a cura di), Terapia breve strategica, Raffaello Cortina, Milano; Watzlawich, P., 1985, Hypnotherapy without trance, in Zeig, J. K., (a cura di), Ericksonian Psychotherapy, Vol. I: Structures (p.p. 5-14), Brunnel-Mazel, New York .