Lasciate che vi racconti un mito dell’antica Grecia…

Sisifo, pur essendo un mortale, era particolarmente furbo e senza scrupoli. La sua astuzia rimase un tratto caratteristico della sua persona.

Tuttavia proprio per la sua scaltrezza e per la sua sfrontatezza nei confronti degli dei, fu condannato da Zeus ad una pena eterna.

Il Dio lo costrinse a portare sul monte dell’Oltretomba un enorme macigno solamente con la forza delle sue braccia, ma una volta giunto in cima, il sasso rotolava giù, ed egli per l’eternità fu costretto a rifare lo stesso percorso con le stesse fatiche.

Chi ti ricorda Sisifo?

Forse non lo sai, ma in ognuno di noi c’è un piccolo Sisifo.

Infatti i nostri problemi, a prescindere dalla loro origine, persistono a causa dei nostri ripetuti sforzi, che compiamo per risolverli.

Questo non vuol dire che non dobbiamo sforzarci per risolvere i nostri problemi, ma spesso, quando si deve trovare una soluzione, si tende ad utilizzare delle modalità di azione, di pensiero o degli atteggiamenti, che sono stati applicati con successo in passato.

D’altronde se ha funzionato una volta perché non dovrebbe rifunzionare?

E’ molto più facile utilizzare una strategia che già si conosce bene, piuttosto che valutarne altre, per poi scegliere ed applicare quella che apparentemente sembra essere la migliore. La giornata è già troppo breve per risolvere anche i nostri problemi, giusto?

Riciclare soluzioni: una scelta poco (eco)logica

La tendenza ad usare strategie che in passato si sono mostrate valide diventa problematica quando è troppo rigida e generalizzata, cioè quando si continuano ad applicare delle modalità che palesemente non funzionano.

Infatti usare una strategia non funzionale è paragonabile allo sforzo di Sisifo per portare il suo masso sul monte: faticoso e infruttuoso.

Per questo motivo l’obiettivo di alcune terapie, come la terapia breve strategica, è l’individuazione ed il superamento delle tentate soluzioni disfunzionali che verranno sostituite da strategie efficaci di gestione delle difficoltà.

Come fanno notare Watzlawick e colleghi (1974), cerchiamo di riportare la “realtà circostante” ad una norma desiderata. La norma può essere interna, cioè dettata dalle nostre convinzioni e dai nostri valori, o esterna, determinata dalla società o dalla propria cultura.

E se un giorno bussasse allo studio un paranoide?

Chi soffre di paranoia vive nella costante convinzione di avere “un nemico da combattere”.

Si sente perennemente aggredito e, per difendersi, spesso, attacca per primo. Appare polemico, sempre all’erta, “biasimatore”, freddo e distaccato, a volte persino ostile.

Un ulteriore aggravamento si ha quando alla paranoia si aggiungono anche le manie di persecuzione, ovvero la credenza di essere spiati, perseguitati, di essere oggetto di complotti, di incorrere in pericoli, avvelenamenti o agguati, di essere vittime di qualche azione volta a danneggiarli.

Anche il paranoide cerca di arginare il suo problema, solo che per farlo cerca di controllare tutto e tutti.

Tale tentativo di controllo fa si che gli altri percepiscano il suo essere diffidente. Questi ultimi, come reazione, iniziano a provare disagio in sua presenza e, a loro volta, diffidenza. La dinamica che alimenta la credenza che gli altri ce l’hanno con lui risulta a questo punto confermata.

E’ ovvio che l’obiettivo sia quello di smontare le credenze irrealistiche della persona, ma non si può dirglielo direttamente.

Infatti una buona strategia nel lavoro clinico con pazienti affetti da paranoia è la scrittura.
Ad esempio si può chiedere alla persona di scrivere, la mattina, tutte le diffidenze ed i sospetti di cui s sente vittima come fosse un diario che non deve essere riletto.

Oppure si può chiedere alla persona di appuntare giorno per giorno tutti i comportamenti e gli atteggiamenti di cui pensa diffiderà realmente. Ovvero si chiede alla persona di scrivere tutti i comportamenti che ritiene essere effettivamente degni di diffidenza e sospetto.

Questo aiuta la persona a distinguere meglio quelli oggettivamente reali da quelli relativi al suo pensiero.

Con la terapia strategica anche Sisifo lascia andare il suo masso

La terapia strategica basa i propri interventi proprio sull’interruzione delle Tentate Soluzioni Disfunzionali. La terapia breve strategica libera Sisifo dalla sua maledizione.

Le tecniche utilizzate si sono evolute nel tempo, includendo sofisticati stratagemmi di deviazione dell’attenzione, tecniche suggestive di derivazione ipnotica, prescrizioni del sintomo, prescrizioni paradossali, contro-rituali ed altri.

Non a caso uno dei grandi fondatori del costruttivismo, Heinz Von Foerster, disse: “Agisci sempre in modo da aumentare le tue possibilità di scelta”.

Un imperativo essenziale che non dovremmo mai dimenticare nel nostro lavoro.

 

Bibliografia

Fisch, R., Schlanger, K. (2004), Cambiare l’immutabile: terapia breve per casi difficili, Cortina, Milano
Nardone, G., Balbi, E. (2008). Solcare il mare all’insaputa del cielo. Firenze: Ponte alle Grazie.
Watzlawick, P., Fisch, R., Weakland, J. (1974). Change: principles of problem formation and problem resolution. New York: Norton.