Le realtà di primo ordine e la realtà di secondo ordine

Molte visioni prospettiche sul mondo, siano esse scientifiche, sociali e/o individuali, partono dal presupposto che esista una realtà “reale” e “oggettiva”. Infatti, ognuno di noi interagisce con il proprio mondo in base alla supposizione ingenua che la realtà sia “ciò che vede e che sente”, e non “semplicemente” un’interpretazione personale, ossia un modo particolare di osservare e spiegare il mondo. Nonostante ciò, la vita, le relazioni e i problemi umani spesso insegnano che quello che “afferriamo” della realtà è solo ciò che noi percepiamo e costruiamo attraverso la comunicazione e le esperienze. In altre parole, “il quadro non è la cosa ritratta, il nome non è la cosa nominata, una spiegazione della realtà è solo una spiegazione, e non la realtà stessa” (Watzlawick, 1988, p. 184). Di conseguenza, “non esiste alcuna realtà assoluta ma soltanto concezioni della realtà soggettive e spesso completamente contraddittorie, che vengono ingenuamente presunte essere la realtà ‘reale’” (Watzlawick, 1976; p.129).

Quindi, “la realtà che attribuiamo ai mondi che abitiamo è una realtà costruita” (Bruner, 1997; p. 33) e la sua conoscenza avviene esclusivamente attraverso l’ordine e l’organizzazione delle esperienze, che risiedono in specifici contesti e che sono il prodotto delle particolari interazioni tra percezioni e reazioni personali e sociali.

Non è verosimile corrispondere perfettamente alla realtà, così come non si può possedere la conoscenza assoluta del “reale”, ma è possibile ambire ad un adattamento funzionale a ciò che percepiamo. L’adattamento interno ad una serie di costrizioni esterne è ciò che chiamiamo la capacità di esistere (Glaserdfeld, 1997).

Molto spesso si confondono due aspetti diversi della “realtà”: il primo concerne le proprietà puramente fisiche ed è strettamente collegato alla percezione sensoriale, alle questioni del cosiddetto senso comune o alla verifica oggettiva e ripetibile; il secondo consiste nell’attribuzione di significato e di valore a queste cose e si basa quindi sulla comunicazione (Watzlawick, 1976). Si consideri, ad esempio, la situazione in cui un bambino (con una vista nella norma) si trovi davanti alla luce rossa di un semaforo: nonostante sia dotato di una capacità visiva che gli consenta di percepire la luce rossa, potrebbe non sapere che essa vieta l’attraversamento della strada. Il “significato” della luce rossa non è quindi connesso alla sua lunghezza d’onda, ma è una convenzione umana, un’attribuzione di senso che caratterizza ogni segnale. Egualmente, le parole, ad eccezione di quelle onomatopeiche, non hanno nessun rapporto diretto con l’oggetto che designano (Watzlawick, 1991).

Dunque, esistono una realtà di primo ordine, l’immagine della realtà che percepiamo attraverso i nostri sensi, ed una realtà di secondo ordine, propria del significato che attribuiamo a queste percezioni (Watzlawick, Beavin e Jackson, 1971).

I significati attribuiti alle percezioni danno un senso all’esperienza, o vengono usate a tal fine attraverso l’assimilazione e l’accomodamento con/a precedenti esperienze, e in questo modo divengono realtà. Di conseguenza, il lavoro terapeutico sulla “realtà” di un problema può essere funzionale al cambiamento a condizione che i problemi che si vogliono risolvere non siano legati alle proprietà degli oggetti o delle situazioni, alla realtà di primo ordine, ma siano correlati al significato e al valore che gli si giunge ad attribuire, ossia alla realtà di secondo ordine (Watzlawick, 1997).

 

Dott.ssa Francesca Moccia

Psicologo, Psicoterapeuta

Specialista in Terapia Breve Strategica

 

Riferimenti bibliografici

Bruner, J. (1997). La cultura dell’educazione. Milano: Feltrinelli.

Glasersfeld, E. von (1997). Il costruttivismo radicale, ovvero la costruzione della conoscenza. In P. Watzlawick e G. Nardone (a cura di), Terapia breve strategica (pp. 19-30). Milano: Raffaello Cortina Editore.

Watzlawick, P. (1976). La Realtà della Realtà. Comunicazione, disinformazione, confusione. Roma: Astrolabio.

Watzlawick, P. (1988) (a cura di). La realtà inventata. Contributi al costruttivismo. Milano: Feltrinelli.

Watzlawick, P. (1991). Il codino del Barone di Munchhausen. Milano: Feltrinelli.

Watzlawick, P. (1997). La costruzione di “realtà” cliniche. In P. Watzlawick e G. Nardone (a cura di), Terapia breve strategica (pp. 5-17). Milano: Raffaello Cortina Editore.

Watzlawick, P., Beavin, J. H. e Jackson D. D. (1971). Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi. Roma: Astrolabio.

Watzlawick, P., Weakland, J. H. e Fisch, R. (1974). Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio.