I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono patologie complesse ad eziologia multifattoriale. Il modello eziopatogenetico di riferimento è quello biopsicosociale, che ne interpreta lo sviluppo come concomitante presenza di fattori biologici (predisposizione genetica), psicologici (fattori intrapsichici e sviluppo della personalità) oltre che fattori scatenanti di tipo socio-ambientale.

Il trattamento dei disturbi alimentari è una sfida complessa e multidisciplinare, ove è indispensabile coinvolgere la famiglia nel percorso di cura, con l’obiettivo di migliorare le dinamiche disfunzionali del rapporto genitori-figlio, per garantire un ambiente adatto ad accogliere e supportare i cambiamenti dello stile di vita del paziente.

In questo breve articolo faremo alcune considerazioni di base relativamente al funzionamento della terapia sistemico-strategica nel trattamento dell’anoressia nervosa.

L’anoressia nervosa è un Disturbo dell’Alimentazione caratterizzato, secondo i criteri del DSM-V, da:

  • Restrizione dell’apporto energetico relativo al bisogno, che induce un significativo basso
    peso relativamente all’età, sesso, evoluzione dello sviluppo e salute fisica. Un significativo basso peso è definito come un peso minore del minimo normale o, per i bambini e gli adolescenti, minore del minimo atteso.
  • Intensa paura di aumentare di peso o d’ingrassare, o comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, nonostante un peso significativamente basso.
  • Anomalia nel modo in cui è percepito il peso e la forma del proprio corpo; inappropriata influenza del peso e della forma del corpo sulla propria autostima, o persistente perdita della capacità di valutare la gravità della attuale perdita di peso.

Nel modello sistemico i sintomi dell’anoressia vengono concepiti come tratti che mantengono i processi familiari patologici: l’invischiamento, l’iperprotezione, l’evitamento del conflitto e la rigidità. Gli interventi proposti agiscono a vari livelli e hanno come obiettivo quello di aiutare il paziente a lavorare su un rapporto di reciprocità che promuove il senso di appartenenza ad un gruppo, il senso delle alternative e della propria identità, anche in rapporto con gli altri.

Per quanto riguarda invece l’approccio strategico, esso è meno focalizzato sull’impatto che i sintomi della patologia alimentare hanno sul funzionamento familiare. L’assunto di base è che il sistema familiare abbia la “necessità” del problema per mantenere il suo equilibrio. All’interno del percorso clinico si aiuta il paziente ad individuare le tentate soluzioni messe in atto e sostituire i comportamenti e soluzioni disfunzionali con comportamenti e soluzioni maggiormente funzionali. Nel caso dell’anoressia nervosa per esempio succede spesso che i familiari esortino il paziente a mangiare originando la stessa forma di controllo che mantiene il disturbo.

Entrambi i modelli utilizzano una modalità non direttiva, che mira ad incoraggiare le famiglie stesse ad esplorare, osservare e suggerire cambiamenti possibili dei loro comportamenti.

Secondo il modello di intervento sistemico-strategico, la terapia prevede tre fasi essenziali. In ciascuna di esse, la famiglia assume un’importanza rilevante in quanto altrettanto rilevante è il ruolo della stessa nella patologia del singolo membro del sistema. Salvador Minuchin (Minuchin, 1980) proprio a tal proposito parla di famiglia anoressica per sottolineare come la famiglia, per il terapeuta, sia al centro dell’attenzione clinica dal principio. A sua volta il paziente designato diviene colui che manifesta lo stile e le dinamiche di un sistema più complesso, ove tutti i soggetti sono, loro malgrado, partecipanti attivi ed attori di uno psicodramma sistemico familiare.

Le fasi dell’intervento clinico possono essere così sintetizzate:

  1. Prima Fase: i familiari sono invitati ad occuparsi della ri-alimentazione del singolo membro del sistema, con la partecipazione del terapeuta. In un’ottica sistemica questo comportamento è utile a comprendere il funzionamento familiare e i ruoli che ciascuno assume all’interno del sistema. In un’ottica strategica invece tale fase è utile all’emersione delle tentate soluzioni disfunzionali messe in atto dall’intero sistema e che continuano ad alimentare il problema manifestato dal paziente designato.
  2. Seconda Fase: vengono esplorate le dimensioni relazionali, per riportare gradualmente la responsabilità della gestione dell’alimentazione al paziente designato. Vengono affrontate in questa fase le tensioni presenti all’interno della famiglia. Il focus è spesso rappresentato dal bisogno di indipendenza del singolo e dalla necessità di riorganizzare la famiglia affinché si adatti al cambiamento.
  3. Terza Fase: ci si concentra sulla definitiva restituzione al singolo membro del sistema familiare del controllo sull’alimentazione. In questa fase si lavorerà strategicamente sulle risorse del paziente designato e sulle capacità del sistema famiglia di mantenere ed incoraggiare i cambiamenti positivi che lo stesso raggiunge.

Il modello d’intervento sistemico-strategico si è rivelato estremamente efficace nel trattamento dell’anoressia nervosa e più in generale con i disturbi del comportamento alimentare.

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Simonetta Bonadies
Psicologa, Psicoterapeuta
Founder dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Bibliografia
  • Minuchin, S. (1978). Famiglie e Terapie della famiglia. Astrolabio Ubaldini editore
  • Minuchin, S. (1978). Famiglie psicosomatiche. L’anoressia mentale nel contesto familiare. Astrolabio Ubaldini editore
  • Abbate Daga, G. Quaranta, M. Notaro, G. Urani, C. Amianto, F. Fassino, S. (2016). Terapia familiare e disturbi del comportamento alimentare nelle giovani pazienti: stato dell’arte. Family therapy and eating disorders in young female patients: state of the art.

 

 

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