Diverse sono le problematiche che spingono, oggi, gli adolescenti ad intraprendere un percorso di psicoterapia. Comportamento oppositivo-provocatorio, psicoastenia, fobia scolare o generalizzata, disturbi d’ansia e del tono dell’umore, paranoie o manie di persecuzione sono alcune di esse.

Negli adolescenti, è raro che i comportamenti problematici si manifestino in maniera isolata.

E’ molto comune invece che si presentino raggruppati in combinazioni di comportamenti altrettanto problematici come  marinare la scuola, vandalismo, partecipazione a bande e frequentazione di coetanei devianti, conflitti con i genitori, scarso rendimento scolastico, violenza, uso di droghe e alcol, comportamenti sessuali a rischio e delinquenza.

Sebbene i principi della Terapia Strategica Familiare di Jay Haley ci insegnano che i problemi in adolescenza rappresentano spesso lo specchio di problematiche familiari più ampie, può capitare che risulti difficile coinvolgere l’intero sistema all’interno del nostro percorso terapeutico a causa di assetti familiari e/o sociali gravemente dissestati.

E’ il caso, ad esempio, di famiglie che vivono in condizioni di estremo svantaggio socio-culturale, oppure di adolescenti con genitori assenti fisicamente o in altri casi emotivamente.

Come poter supportare quindi un adolescente nel superamento di una problematica o di una fase critica del proprio percorso evolutivo quando il sistema famiglia viene a mancare?

Difficoltà nel trattamento con adolescenti

Partiamo dal presupposto che gli adolescenti con problematiche psichiche e/o legate al comportamento rappresentano una sfida importante per i professionisti della salute mentale i quali, soprattutto nei servizi pubblici, a volte non sono adeguatamente preparati alla possibilità di far fronte a criticità di questo genere.

Le maggiori difficoltà riscontrate sono:

  • La scarsa motivazione dell’adolescente al trattamento. E’ noto infatti che gli adolescenti non decidono quasi mai in autonomia di intraprendere un percorso di psicoterapia ma vengono spesso inviati da terzi, ad esempio la scuola, il tribunale o i servizi sociali quando la famiglia viene meno.
  • Il fatto che i ragazzi, tipicamente, non sono preoccupati del proprio comportamento oppure non hanno percezione della disfunzionalità dello stesso. Questo rende difficile la gestione del trattamento da parte del clinico il quale sentirà spesso di mettere in atto strategie che l’adolescente non ritiene utili per sé stesso.
  • L’utilizzo di modalità comunicative e relazionali ambivalenti che oscillano tra la necessità di avere punti di riferimento ed il bisogno di autonomia-indipendenza. Al tempo stesso in cui gli adolescenti cercano approvazione, legami e regole agiscono comportamenti di distanziamento, opposizione e ribellione.

 

 Alcune indicazioni pratiche!

Ecco allora che le Terapie Brevi possono venire in soccorso ai clinici che si trovano a lavorare con adolescenti in condizioni di tale complessità. Cosa si può fare quindi?

  • Individuare e rinforzare i “punti di forza”del ragazzo,  le sue peculiarità, quelle cioè che gli hanno permesso di andare avanti nonostante la precarietà del suo principale sistema di riferimento ovvero la famiglia. Ciò promuoverà la sua individuazione come soggetto ben distinto dai genitori che successivamente troverà una sua autonomia.
  • Evitare l’utilizzo di etichette e considerare la terapia come un rapporto di cooperazione all’interno del quale paziente e terapeuta fissano gli obiettivi del trattamento
  • Dare strumenti attraverso compiti e prescrizioni attraverso i quali promuovere il superamento della crisi evolutiva e/o a ridurre il disagio di cui l’adolescente è portatore promuovendo in modo pratico una nuova percezione di sé stesso che porterà anche ad un incremento dell’autostima.
  • Humor e sorpresa: gli adolescenti preferiscono terapeuti che hanno un buon senso dell’humor che sono scherzosi e che creano un clima terapeutico vivace. Spesso appare umoristico rispecchiare l’atteggiamento non verbale dell’adolescente. Altre volte il terapeuta può svelare esperienze simpatiche della propria adolescenza per normalizzare i conflitti portati dal ragazzo.
  • Quando quello familiare non è disponibile puntare su altri sistemi di riferimento, ad esempio la scuola e/o il gruppo dei pari. Può essere utile chiedere al ragazzo di portare un amico in seduta, specie quando questi è diventato più importante e/o presente della sua famiglia.

 

Conclusioni

Le terapie brevi sono particolarmente indicate nel trattamento di adolescenti “difficili” non solo per la durata temporale che incoraggia lemancipazione e scoraggia un’ eccessiva dipendenza dal terapeuta ma anche perché consente di utilizzare la forza della resistenza tipica di questi clienti contro il comportamento problematico. Inoltre la rilevanza assegnata all’azione (in termini di prescrizioni) appare perfettamente compatibile con la tendenza all’agito tipica di ogni adolescente.

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Bibliografia

  • Nardone, G. , Giannotti, E. , Rocchi, R. 2001, Modelli di famiglia. Conoscere e risolvere i problemi tra genitori e figli, Ponte alle Grazie, Milano
  • Horigian, V. Robbins, M. Szapocznik (2004). Terapia breve strategica familiare. Rivista Europea di Terapia Breve Strategica e Sistemica n. 1
  • Rizzi, A., Verrastro, V. (2014) Evolving solution-oriented Brief Family Therapy Approach with dufficult adolescents. QUALEpsicologia, 2014, 2.