L’approccio centrato sulla soluzione si basa sulle risorse e sulle potenzialità personali dei pazienti. Quest’approccio punta ad aiutare i pazienti a realizzare gli obiettivi che preferiscono, evocando e costruendo le soluzioni giuste da dare ai loro problemi (O’Connell, 2001).

Le origini

Esiste un notevole disaccordo circa le origini di questo approccio. Tra le influenze storiche, possiamo sicuramente annoverare il lavoro svolto da Alfred Adler (1947); gli scritti di Milton Erickson; le ricerche condotte da John Weakand e dai suoi collaboratori presso il Mental Research Institute di Palo Alto in California (1974). Tra gli autori chehanno contribuito  a sviluppare questo metodo, citiamo Bill O’Hanlon, Steve de Shazer e Insoo Kim Berg del gruppo di Milwaukee (1986;1988).

In particolare, de Shazer e i suoi collaboratori (1986) si erano accorti che i pazienti diventavano capaci di attuare dei cambiamenti positivi nelle loro vite soltanto dopo una serie di colloqui clinici incentrati sulla descrizione di come avrebbero voluto che fosse il loro futuro. Tali colloqui esordivano che non doveva essere assegnata alcuna importanza all’individuazione di supposte cause dei problemi lamentati: tanto più si sforzavano di trovare le soluzioni da dare ai loro problemi, tanto meno i pazienti necessitavano di comprendere a fondo le cause dei problemi stessi.

Molti professionisti oggi ricorrono all’approccio centrato sulla soluzione nella propria pratica clinica. I contesti di utilizzo maggiormente diffusi sono: le psicosi, abuso di alcol e droghe, abusi sessuali, supporto alla genitorialità, problematiche relazionali, problematiche del comportamento in età scolare.

La pratica

L’enfasi della Terapia Breve Centrata sulla Soluzione si pone su ciò che di giusto stanno già facendo i pazienti; su ciò che funziona piuttosto che su quello che non funziona; su ciò che il passato ha insegnato loro; sui loro punti di forza e su ciò che può essere fatto in un certo numero di passaggi intermedi.

Si registra così un rapporto di stretta collaborazione in cui il terapeuta riesce a trasmettere fiducia, facendo sentire chi deve affrontare un problema come una persona competente, dotata di risorse ed in grado di risolvere i problemi grazie ai propri mezzi. Tale approccio quindi invita a vedere i pazienti come persone in possesso delle risorse sufficienti per risolvere i problemi, piuttosto che individui in cui è presente qualcosa di distorto, inadeguato o disfunzionale.

La struttura di una seduta di Terapia Breve Centrata sulla Soluzione

Come insegnano i docenti di Istituto Icnos- Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Sistemico-Strategica, l’intervento clinico basato sull’approccio centrato sulla soluzione non prevede un intervento rigido ma flessibile, ovvero sempre centrata sulla persona e sui suoi bisogni.

La struttura di una seduta può essere convenzionalmente così suddivisa:

  1. La conversazione libera dai problemi: di solito rappresenta l’inizio della seduta, momento in cui il terapeuta coinvolge il paziente in un colloquio completamente estraneo al problema principale. Ecco allora che si esplora brevemente come il paziente preferisce organizzare il tempo libero, per esempio. Il parlare senza problemi trasmette il messaggio che in ogni persona c’è molto di più del problema e che è sempre possibile riutilizzare in modo nuovo quelle strategie, convinzioni, valori e abilità che si sono dimostrate efficaci in altri ambiti.

 

  1. Cambiamenti pre seduta: in questa fase si dovrebbe chiedere ai pazienti, dove questo sia possibile, di accorgersi di eventuali differenze che possono avere luogo tra l’ultima seduta e quella che sta per avere inizio. Dove invece ciò non sia possibile, il terapeuta fin dal primo incontro dovrebbe cercare le prove che confermino al paziente di essere già in grado di fare qualcosa che funzioni: un comportamento, un atteggiamento, un’emozione.

 

  1. Stabilire gli obiettivi della terapia: è fondamentale concordare l’agenda di lavoro con il paziente affinchè sia possibile aiutare le persone a raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati. È possibile effettuare ciò mediante domande quali ad esempio “Cosa si aspetta di positivo da questa seduta?”, “Quanto tempo pensa che debba trascorrere affinchè le cose comincino ad andare meglio?”; “Da che cosa si accorgerebbe che le cose stanno migliorando?”; “Se lei fosse in grado di attuare dei cambiamenti alla svelta, quale potrebbe essere quello più utile per lei in questo momento?”.

 

  1. La ricerca delle eccezioni: è probabile che il paziente sottolinei più volte come “il problema” influisca negativamente sulla sua vita: mentre ascolta e riconosce tutte le difficoltà che il paziente sta esprimendo, il terapeuta cerca anche di dirigere la sua attenzione sulle volte in cui il problema sembra non essere presente o comunque in cui riesce a gestirlo meglio. Questo include la ricerca di soluzioni che siano applicabili anche ad altri aspetti della vita del paziente.

 

  1. La ricerca delle competenze: i terapeuti incoraggiano le persone a scoprire e a riconoscere le proprie risorse personali, i punti di forza e le potenzialità. L’utilizzo del “come” nelle domande esorta le persone a cosa possono fare concretamente per portare a termine un’azione che sia costruttiva. Ad esempio “come ha gestito quella situazione?”; “Come ha imparato a farlo?”.

 

  1. La domanda del miracolo: questa domanda aiuta i pazienti ad individuare le possibili soluzioni e le risorse disponibili, incoraggiandoli a stabilire degli obiettivi realistici per se stessi. Li spinge ad usare l’immaginazione per descrivere in maniera dettagliata come le loro vite sarebbero se non ci fosse il problema. La versione più accreditata della domanda del miracolo è quella proposta da de Shazer “ immagini che quando andrà a dormire stanotte accada un miracolo per cu il problema di cui stiamo parlando scompaia all’improvviso. Mentre sta dormendo non sa ancora che il miracolo è avvenuto. Non appena si sveglierà dal sonno, qual è il primo segnale da cui si accorgerebbe che il miracolo è davvero avvenuto?”.

 

  1. La procedura di scaling: lo scaling può essere applicato in qualunque fase del colloquio ma di solito si usa in aggiunta alla domanda del miracolo. Normalmente il terapeuta ricorre ad una scala graduata da zero a dieci, dove il 10 rappresenta l’assenza del problema mentre in coincidenza dello zero il problema si presenta nel peggior modo possibile. La finalità dello scaling consiste nell’aiutare la persona a fissare degli obiettivi che siano anche concretamente raggiungibili, a quantificare meglio i progressi conseguiti e, infine, a stabilire quali sono le cose a cui dare la priorità. Lo scaling viene usato anche per misurare la motivazione del paziente nonché la fiducia che egli ripone nella terapia intrapresa.

 

  1. Il lavoro da fare tra le sedute: verso la fine di ciascuna seduta, il terapeuta dovrebbe concordare con il paziente una breve pausa per ripensare a cosa è stato appena detto. Questa interruzione ha una valenza strategica poiché offre al terapeuta la possibilità di focalizzarsi sulla formulazione del “messaggio finale”, ovvero un feedback con cui si complimenta con i pazienti perché il lavoro che stanno portando avanti sta producendo risultati importanti. Al feedback segue un compito concordato con il paziente da attuare prima della seduta successiva.

Se vuoi conoscere in modo più approfondito il modello di Terapia Breve Centrata sulla Soluzione ti aspettiamo al prossimo open day di Istituto Icnos che si terrà il 27 Settembre a Roma.

I posti sono limitati ed è necessaria la prenotazione cliccando qui http://bit.ly/ICNOSod

 

 

Simonetta Bonadies
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center for Single Session Therapy

 

 

Bibliografia

  • Fisch, R., Weakland, J., H., Segal, L.,1982, Change: le tattiche del cambiamento, tr. it., Astrolabio, Roma.
  • Kim Berg, I., Szabo, P., Brief Coaching for Lasting Solutions
  • O’Connel, B., Palmer, S., , Manuale di Terapia Centrata sulla soluzione, Libriliberi editore.

 

 

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