I disturbi dell’umore e in particolare la depressione costituiscono, da sempre, un argomento puttosto spinoso per la psicologia e la psicoterapia.

Si discute spesso su quale sia la causa della depressione, ovvero se tale disturbo abbia una componente prevalentemente biologica, psicologica o sociale. Se possa essere considerata una malattia o un disordine che agisce a più livelli sull’individuo.

Si discute sui costi associati a tale disturbo, distinguendo tra costi emotivi (ovvero legati alla scarsa qualità di vita delle persone depresse e, in generale, alla loro sofferenza emotiva), costi sociali (quindi gli effetti secondari associati come divorzi, ridotte capacità genitoriali, conflitti interpersonali e così via), costi economici (sia per quanto riguarda l’assistenza medica/psicologica, sia per la ridotta capacità lavorativa/produttiva) (Yapko, 2002).

C’è molto dibattito che ruota intorno a questo problema e, inevitabilemente, gli operatori della salute mentale portano con loro gran parte di queste assunzioni a priori (soprattutto sulle “vere” cause della depressione).

Una tale premessa è indispensabile se si vuole entrare nell’ottica di come la Terapia Breve Centrata sulla Soluzione lavora con la depressione.

 

TBCS e depressione: le eccezioni al problema

Tra gli assunti fondamentali che troviamo in questo approccio terapeutico, sicuramente uno dei più importanti da tenere in considerazione quando si parla di depressione è:

nessun problema si verifica continuamente (Cannistrà, Piccirilli, 2021).

In ogni situazione di difficoltà troviamo dei momenti in cui la persona sembra affrontare meglio il problema o lo avverte semplicemente meno (Berg, Miller, 1992). Il terapeuta TBCS, nel suo lavoro con la depressione, pur mantenendo l’impostazione classica dell’approccio, dovrà porre particolare attenzione a questi momenti, andandoli a ricercare con apposite domande (vedi anche qui).

Rintracciare ed espandere le parti di soluzione che la persona già mette in campo, spesso anche inconsapevolmente, rappresenta una possibilità molto importante nei casi di cui stiamo discutendo. Infatti non è assurdo pensare che una persona che si trova in una situazione di grande difficoltà e sofferenza, possa trarre maggior beneficio e sollievo da un lavoro che metta in luce aspetti positivi già presenti nella sua vita, piuttosto che dover attendere significati e comprensioni piuttosto lontani e difficilmente raggiungibili.

Tornando alla premessa, perche la ritengo così importante?

Perchè qualsiasi lavoro accurato sulle eccezioni al problema, prevede una condizione molto difficile da attuare e che attine esclusivamente al terapeuta (quindi al suo mind-set). Ovvero saper accantonare tutte quelle assunzioni e conoscenze di cui abbiamo parlato precedentemente, in particolare la possibilità di arrivare alla vera causa del problema.

Assumere invece una posizione che chiameremo “non-consapevole” permette all’operatore di considerare soluzioni e scenari (in accordo con la visione della persona) che altrimenti non potrebbero essere esplorati o di far emergere e amplificare le eccezioni della persona.

Non sapere non è facile.

 

 

3 aspetti tecnici della TBC per la depressione che vorrei condividere

 

1) Eternalizzare il problema per mapparlo

Sebbene all’interno della TBCS il linguaggio e la spinta terapeutica sono orientati alla soluzione, questa non è una clausola imprescindibile. Esistono situazioni in cui le persone hanno necessità di utilizzare un linguaggio legato al problema e alla sua descrizione, soprattutto se si parla di depressione. Data la situazione potrebbe essere utile poter assecondare il bisogno del cliente ma con una nuova finalità e con una tecnica ben precisa.

La tecnica riguarda l‘esternalizzazione del problema (tipicamente utilizzata all’interno della Terapia Breve Centrata sulla Soluzione), ovvero descrivere la depressione utilizzando un linguaggio particolare. Vediamo un esempio.

“Come la depressione influenza le tue giornate?”, “come ti ha allontanato da tua moglie?” sono domande che esternalizzano il problema e sostituiscono le tipiche domande che, al contrario, interiorizzano il problema  (“da quanto sei depresso?”ecc…).

La finalità è molto semplice e chiara: vedersi come in una relazione con un problema, piuttosto che avere un problema o essere un problema, apre immediatamente possibilità di rinegoziare quella relazione.

2) Costruire obiettivi con un linguaggio positivo

Nel momento in cui si cotruiscono o si pensano degli obiettivi insieme alla persona, è bene utilizzare un linguaggio positivo. La direzione è quella di pensare a una nuova realtà in cui siano presenti degli elementi, piuttosto che la semplice assenza del problema.

Procedere in quest’ottica ci consente di concludere la terapia sapendo (sia noi, ma soprattutto il cliente) come poter impiegare le giornate una volta superata la difficoltà, quale strategie sono state utili e come impiegarle in futuro, quali risorse si sono dimostrate vincenti e quali no.

3) Sviluppare obiettivi coerenti con la visione del mondo della persona

In particolare, è fondamentale sviluppare una comprensione che tenga conto del background culturale e unico delle persone che abbiamo davanti. Per fare in modo che si realizzino benefici improvvisi è importante utilizzare la visione del mondo del cliente, in modo da rendere la terapia più efficente, piuttosto che dover insegnare e far accettare una nuova visione.

 

 

 

 

Riferimenti bibliografici

Berg, I. K. & Miller, S. (1992). Working with the problem drinker. Norton & co.

Cannistrà, F., Piccirilli, F. (2021). Terapia breve centrata sulla soluzione. Principi e pratiche. EPC Editore

Guterman, J.T. (2013). Mastering the Art of Solution-Focused Counseling. American Counseling Association

Henden, J. (2008). Preventing Suicide The Solution Focused Approach. John Wiley & Sons Ltd

Yapko, M. (2002). Rompere gli schemi della depressione. Ponte alle Grazie