Il protocollo di intervento specifico qui di seguito esposto, è il frutto del lavoro clinico della Dr.ssa Scarlaccini ed è costituito da una serie di manovre comunicative e di atteggiamenti del terapeuta in grado di soddisfare un’ampia gamma di situazioni problematiche tipiche di bambini e adolescenti: dal rifiuto scolastico, ai comportamenti aggressivi, ai problemi comportamentali più diffusi.

Questo protocollo offre la possibilità di scardinare sia problemi emergenti che problemi radicati attraverso una logica d’intervento diretta e pratica.

Affrontando, sbloccando, e inducendo un cambiamento nei problemi dei bambini e ragazzi, l’intervento offre una strada percorribile per cambiare rotta nella vita di queste famiglie.

Il protocollo Scarlaccini non solo potrà essere utilizzato da professionisti, educatori e genitori come guida per risolvere i problemi, ma sarà anche in grado di fornire una chiave di lettura del tutto nuova che consentirà di mettere in atto condotte funzionali anche all’ interno di un’ottica preventiva.

Le quattro indicazioni, caratterizzate da una particolare semplicità e chiarezza, permettono infatti di cominciare a metterle in atto fin da subito con visibili effetti raggiungibili a breve termine.

Assumere la nuova prospettiva proposta dal protocollo potrebbe essere un’occasione per adottare anche in autonomia atteggiamenti e comportamenti nuovi per assistere a dei cambiamenti pratici e tangibili.

Utilizzando questo tipo di intervento sarà possibile mettere fine a quei circoli viziosi che fanno si che un problema si irrigidisca, si cristallizzi o che peggiori.

Le indicazioni standard proposte dal protocollo potrebbero essere risolutive in maniera diretta oppure essere un intervento su determinati comportamenti che nel complesso fanno si che vengano minati i processi di cambiamento, scardinando quei meccanismi che potrebbero reiterare i problemi e ostacolarne il superamento.

Gli obiettivi della prima seduta

Riducendo al minimo il coinvolgimento dei bambini e adolescenti ( il paziente designato), tenendo in considerazione l’esistenza di condizioni in cui invece sia necessario vederli, il protocollo dovrà essere utilizzato valutando caso per caso con lo scopo d’ intervenire sul problema in modo rapido, mirato ed efficace.

Affinché questo possa essere fatto bisognerà cercare di capire fin dalla prima seduta il funzionamento del problema e come questo viene rappresentato dai clienti, così da ottenere da parte loro il più alto grado di collaborazione possibile.

Fin da subito lo scopo è di giungere ad avere una descrizione operativa del problema, di come cioè si manifesti nello stato attuale identificando tutti quegli aspetti e comportamenti che lo reiterano nel tempo.

Per definire in termini operativi il problema utile potrà essere l’utilizzo di domande che possono orientare il colloquio, come: “Come si manifesta il problema oggi? Qual è il problema? Quando si manifesta? Dove si manifesta? Con chi si manifesta?”, “Cosa si fa e cosa si è fatto per affrontarlo?”.

In prima seduta, oltre la definizione del problema, altro obbiettivo è quello di identificare le tentate soluzioni disfunzionali, tutti quegli atteggiamenti e comportamenti che hanno fatto si che in definitiva il problema venisse reiterato.

Gli altri due scopi del primo incontro

Saranno quelli di evidenziare le diverse possibilità di cambiamento e di fornire delle indicazioni mirate che, all’interno di un percorso autocorrettivo, consentano di ricavare nuove informazioni sul problema nel mentre che si operi un cambiamento.

Qualora l’effetto dell’intervento sia positivo, sarà possibile aspettarsi fondamentalmente 3 diversi scenari:

  • Il miglioramento: sono visibili miglioramenti ma ancora non è nata un’esperienza in grado di poter produrre un cambiamento significativo del cambio di percezione (esperienza emozionale correttiva). In questo caso il terapeuta è opportuno che usi nuove tecniche o perpetui le stesse fino ad uno sblocco.
  • Lo sblocco: oltre ad un miglioramento si verifica anche un cambiamento nelle modalità percettive e nelle reazioni di coloro che fanno parte del sistema, i quali si sono resi conto in maniera più o meno consapevole di ciò che mantiene in vita il problema mettendo fine alle tentate soluzioni disfunzionali. in questo scenario si cercherà a questo punto di consolidare i risultati e i nuovi apprendimenti.
  • La risoluzione: cessate le tentate soluzioni, c’è una chiara percezione di quello che manteneva il problema in vita e di cosa si debba fare per evitare di ricascarci. In questa fase il professionista potrà ancora verificare la situazione e comportarsi in modo tale da favorire l’autonomia.

Le 4 indicazioni comportamentali

Le quattro indicazioni fondamentali/prescrizioni che vengono fornite riguardano il modo di interagire con il paziente designato.

La semplicità delle indicazioni permette di interrompere il processo delle interazioni disfunzionali che sono radicate nella prassi relazionale del sistema famiglia.

Il terapeuta dà queste indicazioni in prima seduta, dopo che abbia accertato le tentate soluzioni, e queste devono essere fornite attraverso una comunicazione didattica che vuole mettere in luce ciò che non funziona dando soluzioni approfondite connotate da un’impressione di scoperta.

Il terapeuta non deve infatti convincere i genitori delle proprie ragioni ma deve guidare affinché possano comprendere il perché si chieda loro di attuare certe prescrizioni affinché possano aderirvi il più possibile.

Le quattro indicazioni sono…

1. Intervenire ogni volta come se fosse la prima

Non bisogna sottovalutare il potere delle parole che oltre che descrivere possono creare delle realtà.

Ribadendo all’infinito il verificarsi di certe situazioni o di certi comportamenti, si rischia di immobilizzare la possibilità di un cambiamento o quanto meno lo si rende più difficile.

Affinché si possa interrompere questa parte di tentate soluzioni si chiede ai genitori d’intervenire in ogni situazione come se fosse la prima volta che accada, creando la possibilità di trattare il comportamento che non si desidera più come un’eccezione invece che come una (a)normalità dalla quale si potrebbe uscire.

2. Evitare ogni tentativo di convincimento

La tentata soluzione del convincimento delle proprie ragioni è un fallimento annunciato poiché rende all’altro meno desiderabile la strada che viene indicata.

Riconoscendo prima di tutto quello che il bambino sente legittimando e accordandosi con lui si passa poi ad evitare di cercare di convincerlo a cambiare i propri comportamenti con l’obbiettivo di far comprendere come sia possibile imparare a modificare non ciò che sente ma ciò che fa con quello che sente.

3. Tagliare le raccomandazioni preventive

Tentare di anticipare un dramma alla fine dei conti lo crea (profezia che si auto determina).

Bisogna privilegiare un intervento a posteriori che serva a permettere una via d’uscita ed un miglioramento.

4. Creare una prospettiva positiva

Questa quarta indicazione la si riscontra in realtà in maniera trasversale in tutte le altre.

L’ottica che è bene si possegga è quella che punti allo sblocco della dinamica disfunzionale e dall’altro lato all’agevolazione di un cambiamento.

Per farlo, particolarmente efficace è iniziare a dare origine ad una nuova realtà dandosi il permesso di immaginare uno scenario completamente nuovo e comportandosi come se già si stesse verificando.

L’obiettivo è lanciare una profezia che questa volta vada nell’ottica del cambiamento.

 

Scarlaccini F., Cannistrà F. (2017). Aiutami a diventare grande. Guida strategica per i problemi di comportamento di bambini e ragazzi. Roma: EPC S.r.l.