Numerose ricerche ci dicono che l’alleanza terapeutica:

– dà un contributo sostanziale al successo terapeutico, a prescindere dall’approccio e vale da 5 a 9 volte più del modello/tecnica utilizzati;

– assieme al livello di funzionamento del cliente alla presa in carico, è il miglior predittore dei risultati del trattamento ed è più altamente correlata al risultato rispetto alle valutazioni del clinico;

– è uno dei fattori più importanti nel determinare le differenze di risultato tra clinici diversi;

– se monitorata, permette ai clinici di identificare e correggere i problemi relativi all’impegno del paziente, diminuendo il rischio di drop-out o di outcome negativi.

Vediamo adesso quali sono le 4 componenti dell’alleanza terapeutica, intesa come la qualità e l’intensità della relazione collaborativa tra cliente e terapeuta.

1. L’accordo sugli obiettivi 

La condivisione esplicita di obiettivi e compiti tra paziente e terapeuta è necessaria ed imprescindibile al fine di avere ben chiaro lo scopo, i passi da seguire e la comprensione delle strategie utilizzate. Il paziente deve essere aiutato e supportato nel capire come funziona, quali sono lo scopo e i mezzi della terapia. Solo così potrà sentirsi maggiormente coinvolto e assumere un ruolo attivo, fondamentale nella buona riuscita terapeutica.

È di fondamentale importanza che terapeuta e cliente siano in accordo circa gli obiettivi e, pertanto, è opportuno che il terapeuta verifichi ciò attraverso domande come “Siamo sulla rotta giusta?”, “E’ su questo che vuoi lavorare?”, “Quello che stiamo facendo è la priorità per te?”, “Questo va nella direzione dell’obiettivo che ci siamo dati?”.

Gli obiettivi SMART

Nel mindset dell’approccio terapeutico della terapia breve si approfondisce meglio il concetto di obiettivi descrivendo le caratteristiche di obiettivi che vengono definiti SMART (Specific, Measurable, Assignable, Realistic, Time related).

Mettiamo il caso di una persona in sovrappeso di dieci chili che ha fallito numerose diete “fai da te” che proponga come suo obiettivo di “Dimagrire tanto e in breve tempo”. Una riformulazione dell’obiettivo in senso SMART sarà la seguente: “Voglio dimagrire 10 chili seguendo la dieta prescrittami da un medico in 8/10mesi”.

In realtà, questa riformulazione comporta già una visione chiara del problema e delle risorse necessarie per superarlo e quindi è tutta volta alla solution talk.

Inoltre, grazie al suo aspetto realistico è assai più facilmente percepibile come realizzabile e possibile restando comunque sfidante, a netto vantaggio della motivazione e a protezione dalla frustrazione.

Queste caratteristiche rendono molto più efficace l’azione terapeutica e contribuiscono a creare e mantenere l’alleanza terapeutica.

Inoltre, danno anche un suggerimento semplice e chiaro per acquisire un’abitudine autonoma incisiva sulla qualità generale della vita al di là del solo percorso terapeutico.

Dotare il cliente delle competenze necessarie per lavorare con obiettivi SMART è indubbiamente un intervento di valore immediato ma anche a lungo termine.

2. L’accordo su significati e metodi utilizzati

Per poter descrivere al meglio quanto l’accordo su significati e metodi utilizzati in terapia sia fondamentale ai fini di una solida alleanza terapeutica, è necessario introdurre il concetto di “Teoria del cambiamento del cliente”.

La psicoterapia ha spesso operato imponendo una propria visione di cosa sia il cambiamento e di come debba avvenire.

Invece, è sorprendente quanto le persone siano capaci di definire cosa secondo loro mantiene il problema. E, allo stesso tempo, cosa sarebbe necessario per ottenere il cambiamento desiderato.

Nell’ambito del processo terapeutico, come insegnano i docenti di Istituto ICNOS – Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Sistemico Strategica, una volta definiti problema obiettivo, il terapeuta può concentrarsi sull’esplorazione della Teoria del Cambiamento del paziente.

Può farlo, ad esempio, ponendo specifiche domande quali:

  • “Di cosa avrebbe bisogno per risolvere il problema?”
  • “Cosa deve fare per raggiungere il suo obiettivo?”
  • “Spesso le persone hanno un’idea di quale sia la causa del loro problema e di cosa servirebbe per risolverlo. Lei che idea ha?”
  • “In che modo pensa che questo incontro possa aiutarla a raggiungere i suoi obiettivi?”
  • “Cos’è che, secondo lei, le impedisce di risolvere il problema/raggiungere l’obiettivo?”.

Perchè indagare la Teoria del cambiamento del cliente?

Indagare la Teoria del Cambiamento del paziente significa capire ciò che lui pensa possa essergli o non essergli utile per stare meglio. Dare per scontato che la nostra teoria di ciò che serve alla persona per stare meglio sia la più utile e funzionale, significa limitare le possibilità di azione della terapia.

Chiedere alla persona cosa secondo lei serve per cambiare permette di trovare una strada collaborativa e vantaggiosa perché perfettamente adeguata alle caratteristiche, credenze, motivazioni e possibilità della persona stessa, riducendo peraltro le resistenze (de Shazer,1984).

Questo, comunque, non significa che il terapeuta rinunci alla sua teoria e al percorso che avrebbe seguito.

Aver indagato la Teoria del Cambiamento del paziente consente di far sì che quel percorso sia il più possibile ritagliato sulle caratteristiche di chi ha di fronte.

Come dicono Duncan e Miller: “piuttosto che rielaborare il punto di vista soggettivo del cliente all’interno della teoria formale del terapeuta, integriamo qualunque teoria che possa adattarsi alle sue credenze personali, privilegiando così le percezioni del cliente nel selezionare le scelte terapeutiche” (2000, pp. 178-179).

Potremmo dire che due principi di base di questo avanzamento sono:

  • Partire da contenuti della persona per adattare i processi della terapia;
  • Privilegiare il punto di vista della persona, rimanendo sempre disposti a modificare o abbandonare i processi che volevamo seguire, se questi non si integrano con i suoi contenuti e significati.

Partiremo allora dalle risposte a quelle domande per elaborare un progetto che aiuti a raggiungere l’obiettivo fissato all’inizio.

Esplorare la Teoria del Cambiamento del paziente significa aderire al principio secondo il quale i clienti che incontriamo sono in grado di risolvere i propri problemi.

Tutti i clienti hanno delle risorse che possono essere utilizzate per la soluzione dei problemi.

Il lavoro del terapeuta è quindi quello di dirigere la conversazione in modo tale da scoprire le risorse che potranno impiegare per la soluzione del problema.

3. L’accordo sul ruolo del terapeuta

Nonostante siano spesso ignorate dalle linee guida dei trattamenti psicoterapeutici, le caratteristiche individuali e soggettive del terapeuta giocano un ruolo essenziale nella relazione clinica e nella riuscita dell’intervento (Castonguay e Hill, 2017).

Studi recenti hanno mostrato un impatto significativo delle caratteristiche del clinico sul buon esito della psicoterapia, che è stimato in un range che va dal 5% all’8% (Baldwin e Imel, 2013; Barkham et al., 2017; Johns et al., 2019).

In generale, la capacità di investire nella relazione clinica è riscontrabile:

  • mostrando atteggiamenti empatici e di autentica apertura che favoriscano le comunicazioni emotive del paziente
  • assumendo un ruolo collaborativo e accogliente nel dialogo con il paziente
  • attraverso l’esperienza professionale
  • favorendo l’accuratezza e la tempistica nelle interpretazioni unita a comunicazioni fluide e genuine

Queste sono tutte caratteristiche del terapeuta che contribuiscono a instaurare una buona alleanza (Ackerman e Hilsenroth, 2003).

Un elemento fondamentale, quindi, è la capacità e competenza del terapeuta nell’accogliere il bisogno del paziente, nell’ accompagnarlo a trovare strategie e “risposte”, esplorando con lui tematiche delicate. Tutto in un clima che deve essere il più possibile accogliente, attento e di ascolto.

4. L’adattamento alle preferenze del cliente

Nella definizione di una buona alleanza sicuramente gioca un ruolo fondamentale il paziente con i suoi vissuti, pensieri e aspettative. Queste ultime influenzano il modo di approcciarsi sia al terapeuta che all’intero percorso, determinando criticità o al contrario punti di forza e propositività.

Accanto a queste il pensiero e l’idea che il paziente ha rispetto all’aiuto psicoterapico è sicuramente un altro fattore che definisce la maggiore o minore apertura al lavoro e alla collaborazione con il clinico.

Per capire meglio le preferenze del cliente, una buona strategia è quella di chiedere feedback costanti durante il corso delle sedute e del percorso di terapia. Controllare regolarmente se si è in rotta, se ciò di cui sta parlando la persona riguarda la priorità stabilita precedentemente.

I feedback possono essere usati sia per non deragliare, sia come momento in cui puntualizzare e ri-sistematizzare le informazioni, conducendo la persona già a delle prime ristrutturazioni.

Le informazioni ottenute dai feedback dei clienti risultano essere molti utili per il professionista per colmare eventuali discrepanze fra ciò che egli percepisce come progresso e ciò che percepisce il cliente.

 

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Bibliografia

Barkham M., Lutz W., Lambert M.J., Saxton D. (2017). Therapist effects, effective therapists, and the law ofvariability. In: Castonquay L., Hill C. (eds.), How and why are some therapists better than others? Understanding therapist effects. Washington, DC: American Psychological Association, pp. 13-36.

Duncan B. L., Miller S.D. (2000), “The client’s theory of change: consulting the client in the integrative process”, Journal of Psychoterapy Integration, 10 (2), 169-187

Duncan, B., Miller, S., & Hubble, M. (2010). The heart and soul of change: Delivering what works in therapy (2nd ed.). Washington, DC: American Psychological Association.