Il linguaggio è così affascinante e poetico.
Inventare le metafore, provare a cambiare l’ordine delle parole, riformulare, pensare agli aforismi.
Esercizi stilistici davvero creativi.
Ma tutta questa suggestiva teoria è davvero utile nella pratica?
Tra le mura del nostro studio il linguaggio risulta davvero così potente?
Vediamo un caso clinico per scoprirlo.
Filomena ha 41 anni e ha paura di farsela addosso quando è in mezzo alla gente e si vergogna di farsi vedere quando va al bagno, perché quando esce, si sente sporca e pensa che gli altri la vedano come una persona sporca. Il problema è ormai presente da molti anni. Per tale ragione, per sopravvivere a questo disagio, F. evita i luoghi e le situazioni in cui si potrebbero verificare o si sono verificati gli attacchi di panico, dovuti a questi suoi pensieri.
T: Quindi, se ho capito bene, questa volta, anche se ha avuto il terrore, è però ugualmente uscita di casa ed ha lo stesso utilizzato dei bagni. E questo terrore che poi ha avuto non è stato poi così forte.
Il terapeuta compie una parafrasi, ovvero non si limita a ripetere le parole della paziente.
Infatti la semplice ripetizione potrebbe risultare fastidiosa ed inutile.
Il terapeuta, strategicamente, aggiunge qualcosa di nuovo a ciò che la paziente afferma. Quell’aggiunta non è casuale e generica, ma intenzionale e ben dosata.
Utilizza questo espediente sia per far capire alla paziente che la sta ascoltando attivamente e che vuole davvero comprendere ciò che sta dicendo, ma anche per mostrarle un nuovo scenario rispetto al suo punto di vista.
Egli sottolinea il successo della paziente e la risorsa, che ella ha mostrato per fronteggiare la situazione.
P: No assolutamente, perché poi, facendo quello che… cioè trovandomi, vivendo questa cosa, mi rendo conto che è sciocco, infatti poi sto così…
T: Dopo
P: Si.
T: Ok, quindi lei mi sta raccontando due episodi nei quali lei ha avuto paura prima, come un mese fa, però a differenza di un tempo ha affrontato la situazione, e dopo si è sentita davvero che ha ucciso un drago.
Il terapeuta, oltre a compiere un’altra parafrasi, utilizza un’analogia.
Il linguaggio analogico ha un grande potere suggestivo e ristrutturante.
Usando l’immagine del drago, il terapeuta vuole suscitare nella paziente non solo l’aspetto sintetico-razionale, ma anche quello analitico-immaginifico.
L’immagine è forte, calzante con l’esperienza della paziente ed evoca in lei forti sensazioni fisiche.
P: L’ho dovuto affrontare, forse però se avessi avuto un’alternativa per non affrontarlo, l’avrei…
T: Ne è sicura? Anche se adesso ha sperimentato che evitando una cosa poi sta male, mentre se l’affronta sta bene?
P: Si, infatti, quando evito poi sto male.
T: Ok.
Il terapeuta utilizza il dubbio. Esso crea nel paziente la possibilità di ammorbidire la sua interpretazione irrigidita sui fatti della vita. Lasciare il paziente nel dubbio può avere un effetto terapeutico.
P: Mi viene anche da piangere a pensare a quanto sono sciocca e a quanto questa mente mi condiziona.
T: In questo momento la cosa di cui avere più paura è quella di evitare. Perché ogni volta che lei evita di fare qualcosa per la sua paura, lei alimenta la sua paura, la fa peggiorare, non solo la mantiene, ma la fa peggiorare. Mentre ogni qualvolta lei affronta, come ha fatto, poi prova che può vincere, incrementa il suo senso di sicurezza.
P: Si.
Il terapeuta fa una parafrasi, aggiungendo una coloritura, cioè una suggestione molto forte per la paziente, dato che ciò che il terapeuta le sottolinea è a lei ben noto.
T: Sa, come suona un antico motto sumero: la paura guardata in faccia non è più paura, diventa coraggio. Io aggiungo a questo motto: la paura evitata diventa panico.
Il terapeuta conclude la seduta con un aforisma, che mette in risalto la trappola in cui la paziente solitamente cade, esprime le sensazioni che ella prova e che invece dovrebbe provare, contraddice la sua rigidità abituale e rafforza la strategia che le sarà utile per fronteggiare la sua difficoltà.
Come abbiamo potuto vedere le parole sono duttili.
Infatti lo spostamento o la scelta di una determinata parola può cambiare completamente la percezione del paziente.
Come infatti affermava Pascal: “Le parole disposte diversamente ottengono un significato diverso e i significati diversamente disposti ottengono differenti effetti”.
Riferimenti bibliografici
– Come parla un terapeuta. B. Paoli (2014). Franco Angelani, Milano
-L’arte del Cambiamento. G. Nardone, P. Watzlawick (1990). Ed. Ponte alle Grazie, Milano
-Il Dialogo Strategico. Comunicare persuadendo: tecniche evolute per il Cambiamento. G. Nardone, A. Salvini (2004). Ed. Ponte alle Grazie, Milano
-La nobile arte della Persuasione. La magia delle parole e dei gesti. G. Nardone (2015). Ed. Ponte alle Grazie, Milano