L’agorafobia è un disturbo d’ansia che si manifesta con la paura di trovarsi in situazioni in cui fuggire potrebbe essere complicato o in cui l’aiuto potrebbe essere difficile da ottenere.

Le persone che ne soffrono spesso evitano di uscire da casa, di andare al lavoro o di frequentare luoghi affollati come centri commerciali o cinema.

Il disturbo può causare quindi notevoli limitazioni nella vita quotidiana e nel lavoro e livelli di stress significativi.

Le tentate soluzioni: i tentativi “maldestri” della persona per risolvere il problema

Le “tentate soluzioni” sono strategie che la persona adotta per cercare di risolvere il suo problema ma che alla fine si rivelano inefficaci o addirittura aggravano il problema stesso.

La persona che soffre di agorafobia mette in atto diverse tentate soluzioni per affrontare la sua paura. In particolare, se ne possono individuare quattro:

  1. Evitamento: tende a evitare le situazioni temute, riducendo sempre di più il proprio territorio d’azione e limitando la propria vita
  2. Ricerca di supporto: cerca il supporto degli altri per sentirsi protetto, rassicurato e meno solo. Questo comportamento, tuttavia, può diventare limitante, poiché la persona si affida completamente ad altri e non sviluppa le proprie capacità di autoaiuto
  3. Controllo: tende a cercare di controllare tutte le situazioni a cui è esposto, per ridurre l’incertezza e la possibilità di attacchi di panico. Questo, tuttavia, potrebbe rivelarsi come un comportamento ossessivo e aumentare ansia e preoccupazione
  4. Sicurezza: cerca di creare delle zone sicure dove potersi rifugiare in caso di emergenza ma ciò contribuisce alla riduzione del proprio territorio d’azione e limitare, ancora una volta, la sua vita.

Queste tentante soluzioni sono disfunzionali poiché non risolvono il problema alla radice, ma tendono a mantenere e rinforzare sia la paura sia i comportamenti disadattivi. La terapia breve strategica mira a interrompere queste “non-soluzioni” e ad introdurre nuovi modelli comportamentali e cognitivi in grado di ristrutturare le reti neurali sottocorticali. Il terapeuta, attraverso un dialogo strategico, aiuta la persona a comprendere come le sue strategie attuali siano in realtà inefficaci e la incoraggia a sperimentare nuovi approcci per risolvere il problema.

Come intervenire?

La terapia breve strategica si è dimostrata efficace nella cura dell’agorafobia, come negli altri disturbi d’ansia. Tale approccio terapeutico si basa sulla comprensione che il comportamento del paziente è il risultato delle soluzioni disfunzionale che la persona ha trovato per combattere l’ansia.

La terapia mira quindi a modificare queste tentate soluzione attraverso alcuni step:

  • identificazione del sintomo e descrizione del problema
  • individuazione delle tentate soluzioni
  • prescrizione del comportamento opposto attraverso l’uso di stratagemmi e paradossi.

Inoltre, vengono utilizzate tecniche di comunicazione efficace, come l’uso del linguaggio analogico, per favorire l’instaurarsi di una relazione terapeutica positiva e per migliorare la comprensione dei messaggi da parte del paziente.

Nello specifico, le sedute saranno così articolate:

Primo stadio (prima seduta)

Il terapeuta si focalizza sulla comprensione del problema del paziente e avvia un processo di ristrutturazione del suo sistema di relazioni interpersonali, che contribuisce a mantenere lo stato di fobia. L’obiettivo è far capire al paziente che il supporto degli altri non è sufficiente per risolvere il problema e che, in alcuni casi, può addirittura aggravare la situazione.

Secondo stadio (dalla seconda alla quinta seduta)

Il paziente esprime il resoconto della settimana trascorsa e viene effettuata una “ridefinizione della situazione” al fine di consolidare gli effetti delle precedenti tecniche terapeutiche. Questo serve ad aumentare la fiducia del paziente nelle proprie capacità e a spostare la sua prospettiva della realtà verso una visione più funzionale.

In chiusura della seconda o terza seduta, il terapeuta prescrive una tecnica paradossale, ossia di provocare volontariamente una crisi di ansia e panico per mezz’ora al giorno, seguendo precise istruzioni.

Terzo stadio (dalla sesta seduta in poi)

Durante questa fase della terapia vengono pianificate prescrizioni comportamentali gradualmente sempre più complesse, personalizzate sulla base delle situazioni ansiogene specifiche del paziente. Dopo ognuna di esse, il terapeuta ridefinisce la situazione, aumentando la fiducia del paziente nelle proprie capacità, con l’obiettivo di farlo diventare in grado di affrontare situazioni che in precedenza erano percepite come spaventose.

Quarto stadio

Il terapeuta si concentra sulla consolidazione dei progressi del paziente e sull’aumento dell’autonomia personale, riepilogando le tecniche terapeutiche utilizzate e sottolineando che il cambiamento è stato ottenuto grazie proprio alle risorse del paziente. Viene discusso il follow-up e la terapia viene conclusa.

Paradossi e stratagemmi

La Terapia Breve Strategica si basa sull’utilizzo di paradossi e stratagemmi per smontare le “tentate soluzioni” del paziente e aiutarlo a trovare soluzioni innovative e sorprendenti al proprio problema.

Per risolvere il problema ci si concentra sul blocco del circolo vizioso dell’agorafobia, rappresentato dall’evitamento e dalla richiesta di aiuto. Nella prima fase del trattamento, vengono utilizzate due tecniche per bloccare queste tentate soluzioni:

1. una prescrizione indiretta, come il diario di bordo, che utilizza la procedura ipnotica dello spostamento del sintomo

2. una ristrutturazione strategica, che sfrutta il sintomo contro il sintomo stesso, cioè ci si serve esattamente della paura per cambiare un effetto che la paura stessa ha indotto.

Queste due tecniche sono analoghe a due stratagemmi utilizzati nelle tattiche orientali:

  • “solcare il mare all’insaputa del cielo”, il quale consiste nell’attirare l’attenzione del paziente su un’azione che sembra poco importante, ma contemporaneamente compiere un’altra azione decisiva ma non evidente
  • “spegnere il fuoco facendo traboccare l’acqua che bolle”, cioè servirsi della forza e del peso del problema per far sì che quest’ultimo si ritorca contro sé stesso

3. un’ingiunzione di rituale paradossale, che porta volontariamente ad una esasperazione del sintomo all’interno di una sequenza prestabilita di azioni. Ad esempio, viene prescritto al paziente di produrre volontariamente una crisi di ansia e panico per mezz’ora al giorno, seguendo precise istruzioni. Tale prescrizione è finalizzata a far percepire al paziente che il sintomo può essere controllato.

In conclusione…

possiamo dire che gli obiettivi della terapia strategica applicata all’agorafobia hanno tre focus:

  1. rompere il circolo vizioso dell’agorafobia costituito da evitamento-richiesta di aiuto
  2. far percepire al paziente che il sintomo può essere controllato e che egli stesso ha il potere di gestirlo, in modo che sperimenti una maggiore fiducia nelle proprie capacità di gestire le situazioni ansiogene
  3. indurre una rottura con le tentate soluzioni disfunzionali adottate dal paziente e incoraggiarlo a sperimentare nuovi modi di affrontare le situazioni temute

 

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Riferimenti bibiografici

Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Milano: BUR

Nardone, G. (2007). Paura, panico, fobie. Il trattamento in tempi brevi. Milano: TEA – Tascabili degli Editori Associati

Nardone, G. (2016). La terapia degli attacchi di panico. Firenze: Ponte alle Grazie.