Con l’articolo di oggi condivideremo i principi epistemologici e teorici che influenzano l’agire terapeutico del professionista formato nella terapia breve sistemico-strategica impegnato nel lavoro con le famiglie.

Cosa significa lavorare “strategicamente” con le famiglie?

Lavorare strategicamente con le famiglie significa adottare uno specifico modo di concepire l’intervento basato principalmente su una visione di tipo sistemica e interazionale.

Ma cosa si intende con visione sistemica e visione interazionale?

Per comprendere meglio tali concetti dobbiamo fare qualche passo indietro.

L’interesse per il lavoro con le famiglie è cominciato ad emergere negli Stati Uniti intorno agli anni ‘50, periodo in cui nell’ambito della psicologia e della psicoterapia si cominciava a sentire l’esigenza di rivedere i modelli concettuali con cui veniva definita e trattata la malattia mentale.

Cosa accadde nello specifico nel mondo della psicoterapia?

Alcuni terapeuti delusi dai risultati derivanti dalle pratiche terapeutiche in campo psichiatrico e psicoanalitico, cominciarono a spostare il focus dell’intervento dal singolo, al gruppo sociale di appartenenza della persona ovvero la famiglia.

Secondo questa nuova ottica i problemi psichiatrici cominciarono ad essere considerati e trattati, non più come espressione della patologia del singolo individuo, ma come effetto di una disfunzione nelle relazioni familiari.

Quali ricerche permisero di cambiare ottica?

In quegli anni vennero condotte importanti ricerche sulla schizofrenia e sulla comunicazione umana effettuate dal gruppo di ricercatori del Mental Research Institute (MRI) di Palo Alto, in California, gruppo da diretto da Gregory Bateson e composto da Jay Haley, John Weakland, Don Jackson e Virginia Satir. Tali ricerche portarono il gruppo a definire la teoria sistemico-strategica.

Quali sono i principi base della teoria?

La teoria sistemico strategica parte dal presupposto che ogni organismo, compresa la famiglia, è paragonabile ad un sistema composto da un insieme di parti che interagiscono tra loro. Le parti, pur mantenendo un continuo scambio con l’ambiente esterno, sono tutte volte a preservare un equilibrio, reso possibile grazie a un meccanismo chiamato retroazione (ovvero un sistema di autocorrezione basato su un processo ciclico di informazione interno al sistema).

Cosa presuppone per il terapeuta che vuole lavorare con la famiglia adottare una visione sistemico strategica?

Sulla base di quanto, adottare una visione sistemico strategica presuppone che il terapeuta consideri la famiglia come:

  • un sistema dove ogni singolo membro è in grado di influenzare il comportamento degli altri e viceversa il gruppo è in grado di influire sul comportamento del singolo (visione interazionale);
  • un sistema di relazioni affettive, in continua evoluzione, all’interno del quale ogni individuo affronta le principali fasi evolutive del ciclo di vita individuate da Erickson (Haley, 1973);
  • una struttura che, oltre ad evolvere e a trasformarsi, tende allo stesso tempo a conservare una propria identità, privilegiando quei sistemi di regole e convinzioni in grado di mantenere la stabilità e la coesione interna. Quando le regole che governano i rapporti familiari diventano troppo rigide, viene meno il buon funzionamento del gruppo famigliare e dei singoli membri che tendono a rimanere vincolati a modelli di relazioni non più in grado di adattarsi alle difficoltà e al cambiamento dei contesti.

A partire da ciò quale metodo e tecniche di intervento utilizzerà il terapeuta per aiutare la famiglia?

  1. Nella fase di ingaggio il terapeuta stabilirà con chi reputerà più efficace ed efficiente condurre l’intervento. Sulla base del principio interazionale esplicato sopra, potrà decidere ad esempio di lavorare direttamente con l’intero nucleo familiare o con la singola persona che esprime il sintomo. Altrimenti potrà decidere di lavorare indirettamente con una parte della famiglia (es. i genitori di un bambino piccolo che manifesta delle problematiche) ritenendo più utile e funzionale lavorare sul contesto in cui la persona vive e esprime il suo disagio.
  2. Una volta stabilito il target dell’intervento procederà a una definizione operativa del problema che non coinciderà con una diagnosi nosografica del problema, ma con la sua declinazione nel contesto di vita individuale e interpersonale.
  3. Tale fase di lavoro permetterà al terapeuta di ristrutturare il sintomo presentato all’interno del nucleo familiare. Per ristrutturazione del sintomo si intende, sia la ridefinizione nell’immediato (qui e ora) del significato che assume all’interno dei rapporti familiari; dall’altro lato, invece l’esplorazione dei precedenti tentativi di soluzione adottati per superare il problema, al fine di bloccare strategie ritenute inefficaci. Questa azione permette al terapeuta di creare la base per un’alleanza terapeutica che gli consentirà di stabilire e condividere gli obiettivi del lavoro con la famiglia.
  4. Definiti gli obiettivi, il terapeuta ricorrerà all’utilizzo di tecniche paradossali e prescrizioni di compiti, al fine di creare connessioni alternative tra azioni e convinzioni sulle interazioni familiari, generando cambiamenti reali nel nuovo modo di relazionarsi.

Conclusioni

Per concludere lavorare strategicamente con la famiglia significa procedere con l’idea che per realizzare un trattamento efficace ed efficiente il terapeuta dovrà riconoscere l’intera famiglia come risorsa, valorizzando anche i più piccoli segnali di cambiamento mostrati dai vari componenti della famiglia. Tutto ciò permetterà al terapeuta sia di aiutare la famiglia a consolidare i mutamenti avvenuti, sia di condurre tutti i membri della famiglia a percepirsi come componenti fondamentali e attivi del sistema, allargando il focus dell’intervento dal paziente designato all’intero sistema delle relazioni.