Un lavoro indiretto con i genitori

Secondo l’approccio delle terapie brevi è preferibile lavorare con i genitori nell’ottica di un effetto benefico a cascata rispetto alla problematica che sta vivendo il figlio.

I risvolti positivi di questo tipo di intervento sono a favore del figlio, bambino o adolescente, poiché evita in questo modo un probabile etichettamento (“Mario va dallo psicologo”). Dall’altra parte i genitori, con il supporto di uno psicologo, acquiscono delle competenze educative che autonomamente saranno in grado di applicare nel quotidiano.

Nelle terapie brevi si considerano i problemi come creati e tenuti in vita da dei comportamenti messi in atto proprio nel tentativo di risolvere e gestire ciò che non funziona.

Quante volte i genitori rimproverano i figli per la stessa cosa? Quante volte i figli dopo quella ramanzina hanno continuato a fare ciò per cui sono stati ripresi? Poveri genitori, ormai hanno perso la pazienza e la voce!

Questo è un esempio di tenta soluzione: la ramanzina per un comportamento del figlio. Il fatto che la situazione non cambi nel tempo, ovvero il genitore continua a rimproverare rispetto alla stessa situazione immutata, ciò è un problema mantenuto in vita proprio dal tentativo di risolverlo. Quindi il genitore potrebbe arrivare in terapia portando come problema proprio le continue discussioni in famiglia.

Intervenire ogni volta come se fosse la prima

Le parole creano la realtà, la plasmano e possono anche fossilizzarla. Ma soffermiamoci sulla primissima parte di questa affermazione: “le parole creano la realtà”.

Secondo il protocollo Scarlaccini, una delle indicazioni per sbloccare dei comportamenti o atteggiamenti poco funzionali consiste nell’intervenire ogni volta come se fosse la prima ovvero reagire come se fosse la prima volta che ciò si verificasse. Appurato che lunghe e minacciose ramanzine fino ad oggi si sono rivelate inutili, il protocollo suggerisce al genitore o insegnante di manifestare sorpresa constatando semplicemente il comportamento messo in atto.

Ad esempio: “Ah vedo dal registro elettronico che oggi non hai fatto i compiti, può capitare” piuttosto che la quotidiana ramanzina, tale affermazione può scatenare nel bambino una risposta comportamentale diversa proprio perché il genitore/insegnante si sta ponendo diversamente davanti all’atteggiamento del figlio/alunno.

Il segreto, quindi, è mostrare stupore e sorpresa davanti al solito comportamento poco funzionale del bambino.  Il fine è di considerare come un’eccezione quanto avvenuto e non come la normalità problematica. Tale propensione favorirà l’interruzione di un circolo vizioso in cui chi educa perpetua invano ramanzine e osservazioni e l’educando mantiene la sua condizione omeostatica di essere sempre non compreso o di aver sbagliato.

…continuiamo a raccogliere i frutti

A monte ovviamente, vi è un’analisi delle tentate soluzioni già messe in atto nel tentativo di risolvere la situazione problematica.

Con l’aiuto dello psicologo sarà quindi possibile individuare delle nuove strategie più funzionali per scuotere un circolo vizioso che sembra esseri fossilizzato non aprendo a scenari di miglioramento.

Intervenire ogni volta come se fosse la prima non è facile. Abbandonare la strada vecchia, ciò che è sempre stato fatto, per la nuova ci toglie qualsiasi certezza ma forse ci offre anche una possibilità di cambiamento.

Non è detto che intervenire come se fosse la prima volta possa portare a una risoluzione della situazione problematica ma sicuramente apre a nuovi scenari portando l’educando e l’educatore su un nuovo sentiero tutto da esplorare.

 

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Bibliografia

Scarlaccini, F. Cannistrà con T. Da Ros, (2017). Aiutami a diventare grande. EPC Editore.