Generalmente nella terapia breve, il terapeuta utilizza una forma d’intervento chiamata terapia indiretta, essa prevede lavorare e collaborare con le persone disponibili (i genitori e/o con gli insegnanti) per risolvere il problema di un figlio, riducendo al minimo il coinvolgimento di bambini e adolescenti.

Dalla prima telefonata si chiede ai genitori di presentarsi alla seduta da soli, per valutare la soluzione insieme, rimandando in seguito un eventuale incontro anche con il figlio.

Far iniziare una psicoterapia a un bambino può non essere la scelta più adeguata, invece coinvolgere i genitori e/o gli insegnanti apporta diversi vantaggi:

  • Determina fiducia nella famiglia, essa si sente capace di risolvere i problemi dall’interno.
  • Evita che il bambino o l’adolescente venga stigmatizzato come “malato”, “pazzo” sia dalla famiglia, sia dalla scuola riducendo così il significato di “paziente disegnato” (Selvini Palazzzoli et.al., 1975).
  • Restituisce ed aiuta a costruire un senso di competenza nei genitori, i quali si percepiscono come protagonisti dei cambiamenti positivi del figlio, sentendosi capaci oltre ad aiutare il figlio a superare le difficoltà presenti, anche capaci di fronteggiare eventuali problematiche future.
  • Alcune strategie sono più facilmente applicabili, se il figlio non ne è a conoscenza.

 

Ruolo del terapeuta nella terapia breve

 

Il terapeuta ha un ruolo attivo nella terapia ed interviene direttamente, portando i genitori a cambiare le percezioni e i comportamenti disfunzionali che mantengono il problema.

In che modo interviene? Attraverso la ristrutturazione e la prescrizione di comportamenti (Watzlawick, 1978).

La ristrutturazione consiste nel: “ricodificare la percezione della realtà di una persona senza cambiare il significato delle cose ma cambiando la loro struttura. Non si cambia valore semantico di ciò che la persona esprime, ma si cambiano le cornici all’interno delle quali inserire tale significato… (…) non si mette in discussione l’idea o la concezione ma si propongono diversi percorsi logici e diverse prospettive di approccio a tali idee e concezioni” (Nardone & Watzlawich,1990, pp.78-79).

Spesso anche le soluzioni messe in atto con le migliori intenzioni finiscono per dare dei risultati pessimi, come per esempio quando il genitore fa i compiti al posto del figlio.

Questo comunica al figlio che c’è sempre un adulto disposto ad aiutarlo, che da solo non è in grado di superare quella piccola sfida.

Tutto ciò può costruire una vera e propria realtà, ovvero un bambino che si sente incapace di farcela da solo e un genitore che lo percepisce come tale, con una probabile generalizzazione di quest’incapacità anche in altri ambiti.

Il terapeuta, attraverso le prescrizioni di comportamento, potrebbe suggerire ai genitori cose da fare o da pensare da soli oppure con gli altri, principalmente per bloccare le tentate soluzioni disfunzionali e per fargli apprendere nuovi comportamenti.

 

Come si svolge la terapia breve con i bambini e gli adolescenti

 

Lo scopo della terapia breve è quello di intervenire in maniera rapida ed efficace sul problema, fornendo una guida precisa che aiuti i genitori ad orientarsi.

Fin dalla prima seduta il terapeuta, si concentra su come il problema si manifesta nel presente e nella quotidianità, cercando di definirlo in termini operativi:

Qual’ è il problema?

Come si manifesta?

Come lo possiamo descrivere in termini comportamentali?

Cosa fa il bambino?

Quando si manifesta il problema?

Sempre o solo in determinati momenti del giorno, della settimana, del mese, dell’anno?

Dove si manifesta?

Con chi si manifesta? Con i nonni, con gli insegnati, quando sta da solo etc.

Tutte queste domande offrono un quadro preciso del funzionamento presente del problema.

Cos’altro fa il terapeuta?

Dopodiché il terapeuta si focalizza, su cosa si fa e cosa si è fatto per affrontare il problema, proverà ad indagare cosa il figlio fa per affrontare la difficoltà e se fa qualcosa, in seguito i genitori cosa fanno ed infine gli insegnati, i parenti stretti, gli amici etc.

Evidenzia anche le possibilità di cambiamento attraverso l’uso di domande orientate alla scoperta di nuove prospettive ,facendo in modo che i genitori mettano da parte ciò che hanno fatto fino a quel momento senza risultati positivi. (Scarlaccini et. al., 2017)

Avendo tutte queste informazioni su come si presenta il problema e su quali interazioni lo mantengono, sarà possibile creare un intervento mirato.

Inoltre, si pone molto l’accento sulle risorse di chi viene in seduta ed anche su quelle del figlio, anziché sui conflitti. Nella terapia breve l’obiettivo è fare in modo che i genitori si concentrino sulle capacità, sulle abilità sulle competenze dei propri figli, piuttosto che sui problemi.

Il terapeuta cerca anche di far sviluppare nuove capacità ai genitori, facendo emergere i loro punti di forza.

Dunque, in terapia breve si preferisce lavorare e collaborare con i genitori e /o insegnanti, facendoli acquisire nuove competenze e strategie per risolvere da soli le problematiche del ragazzo.

I cambiamenti più importanti spesso accadono al di fuori della seduta, il terapeuta breve è visto come un facilitatore che prepara il terreno per il cambiamento.

Inoltre, i genitori e/o inseganti se ben guidati all’utilizzo di tecniche specifiche, possono diventare i migliori terapeuti del bambino o del adolescente.

 

Bibliografia

Selvini Palazzoli, Mara, et al. “Paradosso e controparadosso”. Milano: Feltrinelli 2 (1975).

Nardone, Giorgio, and Paul Watzlawick. L’arte del cambiamento: manuale di terapia strategica e ipnoterapia senza trance. Ponte alle Grazie. (1990).

Paul, Watzlawick. “The language of change”. (1978).

Franca Scarlaccini, Flavio Cannistrà et al. “Aiutami a diventare grande. Guida strategica per i problemi di comportamento di bambini e ragazzi”. EPC editore (2017).

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