“Secondo Erickson, la “resistenza” è cooperativa:

è una delle possibili risposte che le persone possono dare agli interventi”.

Steve de Shazer

Le resistenze in psicoterapia

In ambito terapeutico, possiamo distinguere due tipi di resistenza, imprescindibili l’una dall’altra, una riferita agli “occhi” del terapeuta (il quale evidenzia  comportamenti “resistenti” del cliente) e l’altra riguardante l’atteggiamento del paziente stesso.

E’ molto importante che il professionista, in maniera attiva, suggestiva ed energica, senza imposizioni, riesca a stimolare la resistenza del paziente, modificando e cambiando positivamente il suo atteggiamento.

La resistenza al processo trasformativo, inclusa così nel percorso terapeutico,  rappresenta un fattore ineludibile per tendere, non solo verso la scomparsa dei sintomi, ma anche verso  un cambiamento consapevole/significativo dello sviluppo e dell’evoluzione della personalità.

Gli strumenti “magici” nelle terapie brevi: le resistenze

Attraverso la Terapia breve le resistenze, intese come comportamenti e non caratteristiche della persona, divengono dei veri e propri strumenti strategici e “magici”, come ci ricorda lo psicoterapeuta Nardone.

Esse divengono, infatti, delle importanti forme di cooperazione per andare verso il cambiamento.

Nello specifico, nell’approccio breve strategico, si considerano quattro differenti tipi di resistenza:

  • collaborativo,
  • “vorrei ma non posso”,
  • oppositivo,
  • “non posso né collaborare né oppormi”.

L’obiettivo principale, da condividere, non è quello di ridurre o eliminare le resistenze emerse ma utilizzare degli accorgimenti per sfruttarle al meglio e promuovere conseguentemente l’auspicato cambiamento.

Determinante è la figura del terapeuta strategico, dinamico, che seguendo, a seconda dei casi, delle precise regole, quali aggirare la resistenza e/o prescrivere la resistenza stessa, accompagna concretamente il paziente verso un miglioramento per il futuro.

Quali le tecniche di successo  per aggirare le resistenze al cambiamento?

Per “lavorare” operativamente con le resistenze al cambiamento, possono essere utilizzate  soprattutto valide e specifiche  tecniche comunicative strategiche/persuasorie e complementari.

Attraverso di esse il terapeuta, persuasore strategico, si mette in gioco per destrutturare la visione disfunzionale della realtà che genera il problema.

Le buone tecniche di comunicazione sono fondamentali, permettono al paziente di riorientareil proprio punto di vista ed influire direttamente sull’efficienza e l’efficacia delle stesse sedute terapeutiche.

Prendersi cura di implementare un linguaggio del cambiamento (Paul Watzlawick) con il paziente, senza forzare, diviene il modo più semplice, ma al tempo stesso immediato e  più proficuo, per aggirare le resistenze al cambiamento e dare la possibilità al cliente di affrontare, serenamente e con le proprie risorse, il processo terapeutico intrapreso.

Come sottolinea Yalom I.D. (2002)

un terapeuta efficace non dovrebbe mai forzare la discussione verso una precisa area di contenuto. La terapia non dovrebbe essere guidata dalla teoria, ma dalla relazione”.

In questo senso, nel superare l’approccio tradizionale, quello delle  terapie brevi, punta la sua strategia sulla convinzione che la resistenza – di per sé- non esiste.

Riferimenti bibliografici

Cannistrà F., Piccirilli F. (2018). Terapia a Seduta Singola: principi e pratiche. Giunti editore

Fruggeri L. (1990), “Dalla individuazione di resistenze alla costruzione di differenze. Riflessione sui processi di persistenza e cambiamento in psicoterapia” Psicobiettivo, X (3), pp. 29-46.

Hoyt M.F. (2018). Psicoterapie Brevi: Principi e pratiche. CISU Editore

Watzlawick P. Nardone G. (1997), Terapia breve strategica. Raffaello Cortina Editore.

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