Chi e’ il depresso?
Il termine depressione è spesso abusato in quanto viene utilizzato per indicare uno stato di malessere, di abbattimento, di disagio che accompagna o segue momenti particolari della nostra vita.
Una delusione amorosa, un esame non superato, la perdita di una persona cara o di un lavoro e cosi via.
Nell’immaginario collettivo, il depresso è colui che si richiude in se stesso, evitando uscite e frequentazioni.
Una persona dallo sguardo triste, silenziosa, imbronciata.
Non dobbiamo però dimenticare che per parlare di depressione è necessario che vi siano determinati criteri diagnostici di riferimento.
La paura e il pregiudizio sono compagne dello stato depressivo e hanno la capacità di mettere la persona all’angolo in quanto inibiscono la richiesta di aiuto.
Normalizzare la possibilità di cadere durante il percorso della nostra vita mette in condizione il paziente di sentirsi accolto e compreso rispetto al momento di difficoltà che sta attraversando.
Una nave nel mare in tempesta, di cui la persona è il capitano. L’obiettivo sarà quello di aiutarla a non abbandonare la nave e a ritrovare la giusta rotta per riprendere a navigare.
La depressione può essere conseguente a eventi, cosiddetti madre (lutto, separazione, fallimento economico, insorgenza di una grave patologia medica, perdita del lavoro, evento catastrofico naturale), ai quali si può dare risposta attraverso differenti meccanismi di difesa.
Il momento di abbattimento riguarda tutti noi e spesso ci serve a raccogliere le idee e a trovare nuove strategie per fronteggiare il cambiamento che consegue la situazione straordinaria che ci ha colpiti.
Ci capita di viverlo di frequente e, in situazioni di funzionalità, di trovare da soli le riposte giuste e le corrette modalità per risalire la china.
Quando però ciò non accade, l’abbattimento può tradursi in:
- Prostrazione fisica e psichica;
- Pessimismo;
- Distacco dagli interessi abituali;
- Svalutazione delle proprie capacità e abilità;
- Immobilità fisica, psichica e sociale.
Condizioni che possono condurre la persona ad uno stato di depressione grave.
Questo porterà a demoralizzarsi e a sentirsi vittime di ingiustizia e ingratitudine da parte del mondo e degli altri.
Le Tentate Soluzioni
Il depresso non è però “inattivo”.
Piuttosto attiva una serie di risposte al problema che vive.
L’espressione tentata soluzione è stata introdotta dai ricercatori del Mental Research Institute di Palo Alto che fondarono il Brief Therapy Center che aveva l’intento di avviare un progetto di studio focalizzato sulla possibilità di produrre significativi cambiamenti clinici, in soggetti interessati da alterazioni psicologiche, in un massimo di dieci sedute.
Le tentate soluzioni disfunzionali sono i comportamenti, le emozioni, le cognizioni, le risposte somatiche che il soggetto fa “scendere in campo”, tenendo “in panchina” tutte le altre risorse che sarà compito dell’allenatore (il terapeuta) individuare per farle entrare in gioco e vincere la partita.
Le soluzioni disfunzionali sono punto cardine della psicoterapia strategica, che non si focalizza sul passato bensì sul presente e sul futuro.
Dando importanza al contenuto più che al processo, attraverso l’individuazione dei punti di forza della persona.
L’obiettivo sarà quello di individuare i meccanismi messi in atto dal soggetto per affrontare la situazione che lo ha travolto e sconvolto al fine di dare alla persona una nuova visione della realtà e una diversa strategia di azione.
Individuare le soluzioni disfunzionali significa interrompere un meccanismo che in pratica mantiene il problema, non lo risolve.
Rinuncio a ciò che mi crea disagio e inizierò poi a rinunciare ad altre situazioni fino a rinunciare a vivere. Un criceto che corre su una ruota rimanendo sempre all’interno della sua gabbia.
Perchè scegliamo di farci del male?
Il terapeuta ha il compito di guidare la persona in questo percorso di riconoscimento.
Le soluzioni disfunzionali che il depresso agisce, sono la rinuncia, la lamentela, e il delegare ad altri o ad altro le proprie responsabilità.
La rinuncia comporta il mettersi a riparo da tutto quanto rappresenta un rischio o un pericolo. Si è disposti a rinunciare anche a piaceri e svaghi pur di assecondare il bisogno di rassicurazione. La rinuncia si porta dietro altre rinunce. È invitante come un cesto di ciliegie in estate.
La lamentela permette di trasferire ad altri ciò che fa stare male, cercando accoglienza e comprensione. Lamentarsi significa parlare continuamente del proprio disagio. Mantenere sempre i riflettori accesi su di esso e restare in scena senza dismettere mai quel ruolo, che diventerà sempre più reale.Vi è poi il senso di frustrazione che nasce dalla certezza di avere bisogno degli altri sempre.
La delega porta con se un messaggio chiaro: non sono capace! Chiedere ad altri di farlo per noi. Questa soluzione racchiude in sé sia la lamentela che la rinuncia ed è un modo per non esporsi.
Depressione E Terapia Strategica Breve
La terapia strategica segue la logica costruttivista e quindi ha come obiettivo non quello di far vedere alla persona la realtà come è davvero ma di modificare la visione della persona per renderla più utile e funzionale alla persona stessa.
Il terapeuta non cercherà di cambiare il sistema valoriale del cliente ma di indurre delle azioni capaci di modificare determinate aree del sistema psicologico. Questo creerà un vero e proprio effetto domino. L’emozione stimolerà un’altra emozione, poi la sensazione, poi il comportamento.
Il primo passo sarà quello di individuare i comportamenti disfunzionali che la persona sta agendo per affrontare il problema.
Si lavorerà sulle manifestazioni dello stato depressivo. Atteggiamenti, comportamenti, agiti e pensieri.
Se la persona sta mettendo in atto una rinuncia o un trasferimento sugli altri delle proprie responsabilità e impegni, si cercherà di guidarla per farle riprendere il comando della situazione. La paura di non farcela verrà affrontata con la logica dei piccoli passi. Tanti piccoli cambiamenti che mirano ad un cambiamento complessivo. Tanti piccoli passi che guardano ad un’unica meta.
Se a prevalere sono la rabbia o il vittimismo, si lavorerà per guidare la persona ad accogliere queste emozioni e canalizzarle in maniera funzionale, affinché diventino risorse costruttive.
La “congiura del silenzio” è uno degli strumenti da poter utilizzare per permettere alla persona di interrompere il meccanismo della lamentela.
Smettere di esternare agli altri il proprio disagio e parlarne solo nello “spazio protetto” della terapia.
Gli obiettivi saranno dunque:
- riattivare la persona, utilizzando e puntando i riflettori su tutto quanto è dentro la persona stessa o intorno a lei, comprese le persone (familiari, amici, partner…);
- de-vittimizzare la persona, mostrandole le rinunce messe in atto, come comportamento che rafforza lo stato depressivo.
Il coach e saggista statunitense Tony Robbins ha detto “Il nostro destino viene formato dai nostri pensieri e dalle nostre azioni. Non possiamo cambiare il vento ma possiamo orientare le vele”.
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Bibliografia
Leonardi F. (2018) – La psicoterapia tra miti e realtà–Roma: Armando Editore
https://www.lostudiodellopsicologo.it/depressione/meccanismidepressione/