Ci sono bambini che lamentano dolori, febbre, nausea e dichiarano di non poter/ essere in grado di andare a scuola.

Succede.

Capita che i genitori debbano assistere a manifestazioni di questo tipo, seguite da ferrei pretesti per marinare la scuola.

Finché si tratta di una tantum va tutto bene, ma quando la scusa si rincorre ogni giorno, c’è da preoccuparsi.

Bisogna essere in grado di distinguere l’ansia dal semplice capriccio.

Che cos’è la fobia scolare?

Ci sono bambini che non si limitano solo a fare capricci infatti ma che soffrono di un livello di ansia così elevato da poter essere diagnosticato come fobia, in particolare fobia scolare, quando la paura è focalizzata sull’ambiente scolastico.

La fobia scolare ha un incidenza del 5% sui bambini in età scolare e di aggrava o si manifesta in alcuni momenti specifici, come l’ingresso a scuola o i passaggi da una classe all’altra.

Si parla di fobia sociale quindi quando l’ansia compromette significativamente la frequenze scolastica del bambino e di conseguenza il suo sviluppo emotivo, sociale e scolastico.

Come si manifesta?

L’elevato livello di ansia sperimentato dal bambino può comportare:

– sintomi fisici, come tremore, sudorazione, mal di pancia, dolori al torace, vomito, palpitazioni, insonnia etc.
– sintomi cognitivi,  come il pensare costantemente al giorno dopo o inventare scuse giustificabili per non andare a scuola.

Il bambino che soffre di fobia scolare, soffre di un vero proprio panico nell’andare e rimanere a scuola che non è correlato con il piacere che ha nel fare i compiti e studiare; è l’ambiente scolastico a provocare in lui la reazione ansiosa, evento che non si manifesta all’interno delle mura domestiche.

La Terapia Breve diretta o indiretta?

In casi come questo, la Terapia Indiretta con i genitori è utile oltre che funzionante in prima battuta:

  • evita al bambino (se possibile) l’incontro con il professionista.
  • fornisce ai genitori strumenti utili per trattare l’ansia del bambino, individuando i comportamenti che fino a quel momenti sono stati disfunzionali

Il terapeuta li elegge a collaboratori affinchè siano loro stessi in grado di aiutare il bambino in questa delicata fase di vita.

Sarà comunque il terapeuta a valutare il caso e decidere se incontrare il bambino o meno.

Il primo obiettivo del terapeuta solitamente – in ogni caso – è fare in modo che il bambino torni a scuola, soprattutto di fronte a casi che sono gravi o particolarmente stabili da tempo, per evitare il coinvolgimento di assistenti sociali.

E’ bene concordare le modalità e la gradualità del ritorno a scuola tanto con i genitori quanto con il bambino, oltre che coinvolgendo anche la scuola stessa.

Uno strumento utile può essere il chiedere ai genitori di mettere uno stop alle rassicurazione: troppe rassicurazioni non sono la soluzione, ma mantengono il problema. Più il bambino viene rassicurato, più per quanto aiutato la sua ansia aumenta.

In secondo luogo può funzionare smettere di parlare del problema: una congiura del silenzio rispetto ai genitori che dovranno evitare qualsiasi conversazione, domanda o dubbio rispetto al problema scolare del bambino per osservare senza intervenire nella relazione con lui; la presenza costante, la lamentela o la raccomandazione continua mantengono il problema anziché risolverlo.

Il compito del terapeuta è spiegare ai genitori come non diventare complici del problema attraverso alcune determinati ma semplici manovre comunicative e comportamentali.

Riferimenti Bibliografici

American Psychiatry Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Psychiatric Disoderders (5th edition). Arlington: American Psychiatry Publishing.

Fiorenza, A. (2000). Bambini e ragazzi difficili: figli che crescono, soluzioni a problemi che emergono. Terapia in tempi brevi. Firenze: Ponte alle Grazie.

Nardone, G. & l’Equipe del Centro di Terapia Strategica (2012). Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Problemi e soluzioni per il ciclo di vita. Firenze: Ponte alle Grazie

Nardone, G., Fiorenza, A. (1995). L’intervento strategico nei contesti educativi. Comunicazione e problem-solving per i problemi scolastici. Milano: Giuffrè.