Molti pazienti entrano in terapia perché sperano che il lavoro con il terapeuta possa subito alleviare alcuni stati come l’infelicità, lo stress o disfunzioni diventate troppo problematiche e quindi si preferisce avere un consulto professionale e non continuare a rimanere nella situazione attuale.

Come spiegano Budman e Gurman (1988), ci sono cinque risposte comuni alla domanda “Perché un paziente entra proprio adesso in terapia?”. Si tratta di cinque temi correlati, o punti, che possono essere utili anche nella terapia breve:

  1. Perdita: inclusi lutto o divorzio, così come altre perdite, tra cui alcuni cambiamenti nello status sociale, problemi di salute e tradimenti riguardanti la fiducia;
  2. Asincronie dello sviluppo: transizioni del ciclo della vita o passaggi ai quali il paziente non è ben preparato e che quindi presentano problemi di adeguatezza (es. emancipazione adolescenziale, matrimonio, mettere su famiglia, sindrome del nido vuoto, pensione);
  3. Conflitti interpersonali: problemi con persone importanti della propria vita tra cui coniugi, figli, figure autorevoli, colleghi e amici;
  4. Sintomi specifici, come depressione, ansia o disfunzioni sessuali;
  5. Questioni personali: problemi caratteriali che emergono se il paziente li rende centrali durante la terapia e/o se impediscono il lavoro durante la seduta o tra le sedute che richiedono un’attenzione specifica affinchè la terapia abbia successo.

Tuttavia, chi esercita attività clinica quotidianamente, sa bene che non sempre ci si trova davanti a pazienti con i quali è così semplice definire problemi ed obiettivi.

In questo articolo, quindi, vengono presentate tre situazioni complesse da gestire e al contempo alcune tecniche delle Terapie Brevi che, come insegnano i docenti di ISTITUTO ICNOS- Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Sistemico-Strategica, incentivano il superamento di momenti di blocco o stallo in terapia.

 

Quando è difficile trovare un obiettivo

Con alcune persone risulta piuttosto arduo identificare un obiettivo. Fanno fatica a capire quale sia la meta che vogliono raggiungere o non sono in grado di rispondere a una domanda diretta.

In questo caso, una tecnica utile è la “Miracle Question” elaborata da de Shazer e colleghi (1986).

La domanda suona più o meno così:

“Immagini che stanotte, mentre dorme, accada un miracolo e il problema di cui abbiamo parlato scompaia. Poiché stava dormendo non si è accorto di nulla. Ciò nonostante, una volta sveglio, qual è la prima cosa che noterebbe e che le farebbe capire che qualcosa è cambiato?”.

Questa domanda pone il contesto in uno spazio futuro e di fantasia (“è avvenuto un mircolo”) e induce la persona a pensare ad uno scenario futuro, privo del problema.

Il terapeuta, insieme al paziente, esplora questo contesto e lo aiuta a identificarne aspetti ed elementi da cui trarre dei possibili obiettivi, anche solamente dei primi piccoli passi da compiere.

 

Quando il paziente squalifica le proprie risorse

Un altro problema si riscontra quando la persona squalifica le proprie risorse ed i propri punti di forza, aspetti chiave nel trattamento con le Terapie Brevi.

Questa potrebbe tradizionalmente essere vista come una “resistenza al cambiamento”. In questi casi consideriamo sempre il concetto espresso da Erickosn (1967) ripreso e sviluppato da de Shazer (1984), secondo cui la resistenza non è altro che un modo del cliente per indicare come può collaborare. In altre parole la “resistenza” è un modo poco utile ai fini della terapia di interpretare un certo comportamento del paziente.

Crediamo possa essere utile, da un lato, evitare di insistere laddove la persona ci pone uno stop, dall’ altro il terapeuta può allenarsi ad attuare una serie di comunicazioni strategiche e complementari che lo aiutino a non entrare in simmetria, adattandosi invece alla situazione per sbloccarla.

 

Quando il paziente non vuole stare lì

In ultima analisi prendiamo in esame la situazione in cui la persona, per qualche ragione, non voglia stare nella stanza di terapia.

Steve de Shazer parla di clienti visitatori, ovvero persone che non vogliono veramente essere nello studio del terapeuta, magari che nemmeno ritengono di avere un problema.

Si tratta il più delle volte di persone costrette a venire in terapia da parte di terzi (pensiamo agli adolescenti, o ad un membro di una coppia coniugale ecc..). In questi casi, definire una lamentela o un obiettivo preciso è difficile quindi il terapeuta dovrebbe limitarsi alla comprensione, cortesia e complimenti per qualunque cosa il cliente stia riuscendo a fare con successo (senza compiti o richieste di cambiamento).

Il lavoro terapeutico può essere molto complesso da gestire quando ci troviamo di fronte a persone con scarsa motivazione o che faticano ad individuare un obiettivo o a definire un problema. Gli strumenti pratici offerti dalle Terapie Brevi possono aiutare il terapeuta nella gestione di situazioni difficili, permettendo così di ottenere il massimo da ogni singolo incontro.

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                                                                                                                                                       Simonetta Bonadies
                                                                                                                                                Psicologa, Psicoterapeuta
                                                                                                                                                 Team dell’Italian Center
                                                                                                                                              for Single Session Therapy

 Bibliografia

  • Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a seduta singola: Principi e pratiche. Firenze: Giunti Editore.
  • Hoyt, M.F. (2018). Psicoterapie Brevi: Principi e Pratiche. CISU editore.

 

 

 

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