Nel corso degli studi universitari siamo stati rigidamente formati all’idea che i sintomi rappresentano il punto di partenza privilegiato per comprendere i problemi delle persone.

Il rischio di adottare un atteggiamento di questo tipo è che molto spesso si finisce per confondere i sintomi con la totalità del problema escludendo aspetti significativi della vita delle persone che, se presi in considerazione, permettono al clinico di sviluppare una visione completa ed integrata.

Ecco perché nella Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Sistemico-Strategica si insegna agli allievi a sviluppare sempre di più la capacità di vedersi come terapeuti che lavorano con persone in situazioni e non con problemi. Al contempo l’area problematica viene definita come il tragitto da percorrere per risolvere il problema dalla situazione attuale verso quella desiderata.

La terapia diventa allora efficace quando si riesce a condurre un’osservazione attenta dedicata a ogni singolo soggetto per metterlo nella condizione di “riassociare e riorganizzare la propria complessità psicologica interiore e utilizzare le proprie capacità personali in modo consono alla sua stessa vita esperenziale”.

 

Il ruolo del terapeuta nella valorizzazione delle risorse

Erickson sosteneva che, molto spesso le persone perdono di vista le risorse che possiedono: scopo del processo terapeutico è portarle a ricordare che ciò di cui hanno bisogno è già in loro possesso.

Ogni persona possiede e utilizza risorse, punti di forza, strategie di coping: ogni terapeuta ha a disposizione un “tesoro”, a cui la persona può attingere, oltre modo prezioso per la risoluzione dei suoi problemi.

Comprendere che le persone sono portatrici di risorse piuttosto che di problemi cambia completamente la prospettiva terapeutica del clinico.

Partendo da questo presupposto, infatti, molto del lavoro del terapeuta sta proprio nell’identificare quegli elementi interni (emotivi, cognitivi, attitudinali, comportamentali, interpersonali ecc.) ed esterni (famiglia, lavoro, gruppo di pari, risorse territoriali ecc.) alla persona che possono aiutarla a risolvere il suo problema. Il terapeuta assume quindi il ruolo di guida poiché aiuta le persone ad utilizzare al meglio le proprie potenzialità finalizzate al cambiamento.

 

La resistenza come risorsa

Orientare verso le risorse e quindi verso ciò che funziona, restituisce all’individuo la sua qualità di “soggetto” attivo e dotato di qualità e potenzialità che il terapeuta ha il dovere di ricercare attivamente, riconoscere e rispettare.

La rivalutazione delle risorse personali del soggetto conduce altresì ad una concezione rivoluzionaria delle resistenze. Nella concezione tradizionale queste ultime sono considerate come una opposizione da parte della persona alla esplorazione o ai tentativi di cambiamento proposti dal terapeuta. Questa visione fa sì che spesso venga fatta una lettura dei pazienti come poco disponibili al cambiamento che essi stessi richiedono al terapeuta.

Ma nell’innovativa rivalutazione delle resistenze, queste vengono considerate come comportamento da rispettare, piuttosto che da svalutare e considerare come un tentativo deliberato, o inconscio, di opporsi al terapeuta. La resistenza viene accettata in quanto comunicazione di importanza vitale riguardo ai problemi dell’individuo e, addirittura, un modo in cui soggetti collaborano alla loro stessa terapia, secondo le loro necessità e i loro modelli interattivi.

 

Simonetta Bonadies
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy

 

 

 Bibliografia

  • Cannistrà, F. Piccirilli, F. Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti editore, 2018.
  • Erickson, M. H. Hypnotic Psychoterapy. In the medical clinic of north America, 5, 571-583, 1948.
  • Gulotta, G. Lo psicoterapeuta stratega. Metodi ed esempi per risolvere i problemi del paziente. Franco Angeli editore, 2005.

 

 

 

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