Le famiglie sono relazioni
La maggior parte dei genitori è convinta che il comportamento problematico dei figli dipenda da cause organiche o caratteriali di questi ultimi, e quando sono portati a richiedere un intervento psicologico credono che questo sia volto a modificare i loro atteggiamenti.
Pochissimi genitori, infatti, attribuiscono anche al contesto familiare e alle relazioni in esso presenti la causa dei malesseri dei figli, e tendono quindi a lasciare inalterati i propri di comportamenti.
In realtà, l’approccio corretto per accogliere un vero cambiamento dovrebbe passare da “vorremmo cambiare nostro figlio” a “vorremmo cambiare insieme”. Questo switch di mindset comporta per un genitore l’assunzione di una grande responsabilità, oltre alla capacità di mettersi in gioco e rivedere gli schemi e le dinamiche finora sperimentate.
Quando la gerarchia familiare è in crisi
Jay Haley, partendo dagli assunti sistemici, considera la famiglia un sistema che influenza tutti i suoi membri e le sue dinamiche emergono solo quando i membri interagiscono tra di loro. Egli sostiene che in presenza di sintomi gravi nei figli, l’organizzazione familiare mostri quasi sempre una struttura gerarchica confusa. La famiglia, pertanto, entra in crisi per l’ambiguità dei ruoli e perché non si sa bene chi sia superiore e chi sia pari e questo genera grande confusione.
Oggi giorno si aspira ad un livello di modernità familiare tale che da portare all’abolizione dei livelli gerarchici per arrivare a occupare più ruoli e posizioni. Ma questo porta a frustrazione e litigi all’interno della famiglia e nello scenario peggiore scatena disturbi emotivi, del comportamento fino a vere e proprie patologie.
Uno degli obiettivi dell’ intervento di terapia breve familiare consiste nell’identificare e bloccare quelle dinamiche disfunzionali che alterano la naturale gerarchia tra i componenti della famiglia, e che portano all’insorgere di problematiche di difficile gestione, per potere ristabilire l’ordine e rimettere ogni cosa al suo posto.
Relazioni simmetriche o complementari?
Paul Watzlawick in uno dei suoi principi della comunicazione umana afferma che tra gli esseri umani e quindi nelle famiglie possono stabilirsi due tipi di relazioni:
- simmetrica (gli interlocutori si considerano a pari livello, senza che nessuno prevalga sull’altro)
- complementare (uno degli interlocutori assume una posizione di superiorità, detta “one-up”, sull’altro il quale assume di conseguenza una posizione di inferiorità, detta “one-down).
In generale, le relazioni tra genitori e figli sono di tipo complementare, in quanto i genitori si pongono in posizione di superiorità “one-up” rispetto ai figli. Questo gli consente di essere una guida, un punto di riferimento, soprattutto nei loro primi anni di vita. Man mano che i figli crescono, la relazione complementare si attenua per lasciare ai figli sempre più autonomia nella strada verso l’età adulta.
Qualora si presentino delle difficoltà nello stabilire con i propri figli questa posizione di superiorità genitoriale si rischia di dar loro in mano un potere che non sono in grado di gestire. Sarà pertanto cruciale ristabilire le relazioni gerarchiche adeguate all’interno della famiglia.
Le coalizioni disfunzionali
Un problema piuttosto serio si verifica quando avviene una coalizione tra un membro di una generazione con quello di un’altra, ad esempio quando un coniuge si mette contro l’altro per schierarsi dalla parte del figlio, che mette in atto comportamenti inopportuni.
In questo modo si abbatte quella posizione di pari grado originariamente destinata a padre e madre: uno dei due sviluppa un rapporto di protezione eccessiva rispetto al figlio e anziché scoraggiare i comportamenti inopportuni con fermezza, li rinforza e intensifica con la mancanza di intervento e un rapporto simmetrico, quasi amicale, anziché complementare.
L’altro genitore si trova così ad affrontare il figlio senza la complicità del coniuge, non ottenendo risultati, perdendo di credibilità e di autostima come genitore.
A volte questa dinamica è tipica di un modello familiare più democratico e permissivo, che cerca di distaccarsi dai modelli educativi del passato in un’ottica più moderna della gestione dei conflitti, dove i genitori credono che per farsi ascoltare non debbano esercitare il proprio ruolo e la propria autorità ma sempre chiedere, spiegare e coinvolgere i figli, persino nelle nelle decisioni.
Si prepara quindi il terreno allo sviluppo di atteggiamenti trasgressivi da parte dei figli, che lasciati soli a decidere cosa fare, senza confini netti entro i quali agire, cercano di richiamare l’attenzione alla ricerca di un contenimento genitoriale, di una direzione che stenta ad arrivare.
Conclusioni
I posti e i ruoli assegnati all’interno della famiglia non si devono e non si possono cambiare, neanche davanti a ricatti, capricci, pianti o atteggiamenti manipolatori dei figli.
Quando i figli cresceranno, e come è giusto che sia questa posizione gli starà stretta, quando desidereranno più autonomia di quella concedibile all’interno di un contesto familiare, non dovranno fare altro che avviarsi verso la conquista della loro indipendenza e costruirsi il proprio contesto.
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Bibliografia
Quando l’amore non basta. Andrea Fiorenza, 2008.
Modelli di famiglia. Giorgio Nardone,Emanuela Giannotti,Rita Rocchi. 2015
Sitografia
https://www.istitutoicnos.it/terapie-brevi/la-terapia-strategica-familiare-di-jay-haley/