Lo psicologo va a bottega

“La psicoterapia è un’arte che l’apprendista terapeuta impara a bottega dal maestro”. Così diceva Jay Haley, uno dei fondatori della terapia breve, rifacendosi agli insegnamenti dei grandi maestri fiorentini durante il Rinascimento.

Ancora non esistevano le scuole d’arte o le accademie, per cui era nelle “botteghe”, ossia negli studi di artisti e artigiani famosi, che si insegnava ai giovani più dotati come diventare pittori, scultori e architetti di successo.

Fu così, allora, che grazie alla guida di Andrea del Verrocchio nacquero i rinomati Sandro Botticelli, Pietro Perugino e Leonardo da Vinci, e dalla bottega di Domenico Ghirlandaio spiccò il volo il celebre Michelangelo Buonarroti.

Per psicologi e psicoterapeuti l’equivalente della bottega è la supervisione: uno spazio entro il quale un terapeuta impara da un collega più esperto. Più che un insegnamento vero e proprio, la supervisione rappresenta un momento di crescita personale e professionale (Giusti & Rapanà, 2019).

Il professionista che richiede la supervisione vuole confrontarsi con il collega circa uno o più casi clinici sui quali sta incontrando delle difficoltà che non riesce a superare con le proprie risorse.

Parlarne in un contesto sicuro, gli permette di garantire il benessere dei propri clienti anche se sente di aver raggiunto un momento di impasse: il terapeuta-esperto, infatti, gli offre un punto di vista esterno e oggettivo che lo aiuta nell’analisi della situazione e delle sue criticità.

Al contempo il terapeuta-allievo ha modo di fare esperienza direttamente sul campo e sperimentarsi in soluzioni che non ha mai considerato prima, acquisendo maggiori autonomia e competenze necessarie al lavoro clinico.

La supervisione di gruppo orientata alla soluzione

Detto questo, si potrebbe pensare che la supervisione sia una pratica rivolta soltanto ai terapeuti alle prime armi, ma non è così: a richiederla può essere un professionista con un qualunque grado di preparazione.

La supervisione può realizzarsi non solo all’interno di una diade, ossia in una relazione uno a uno, ma anche all’interno di un gruppo. In questo caso essa diventa uno strumento utile da adoperare, in quanto rappresenta un’importante occasione per i soggetti coinvolti di confrontarsi rispetto alle proprie esperienze personali o rispetto a una tematica che verrebbe loro presentata (Benjamin, 2014).

Nella Terapia Breve Centrata sulla Soluzione, il lavoro di gruppo consiste in un brainstorming che consente ai membri di esercitarsi nelle tecniche di colloquio e di calarsi nelle situazioni di pazienti reali o potenziali.

Nell’ascoltare un caso clinico o nel riportarne uno agli altri, si riflette insieme su quali sono stati gli aspetti più salienti di una seduta e su come si è arrivati ad essi.

In particolare, si individua e si commenta l’uso di domande solution-oriented, volte ad aprire scenari sul futuro desiderato dal cliente in cui egli stesso noterà o farà qualcosa di diverso rispetto al momento presente.

In questo modo, attraverso la supervisione di gruppo, ogni membro può dire la sua su quale domanda può sembrare quella più adatta alla situazione corrente, scoprendo nei colleghi una risorsa e una fonte di ispirazione che lo aiuti ad orientare le future domande e, di conseguenza, il suo modo di fare terapia (Bechsgaard, 2018).

Perché scegliere la supervisione di gruppo orientata alla soluzione

Ciascun professionista è diverso dagli altri, per cui anche il suo modo di fare terapia lo sarà.

Ciò significa che non esiste un modo migliore per condurre un colloquio ma che sono tutti egualmente validi: riconoscere che il contributo dei colleghi possa aggiungere valore al proprio lavoro di clinico è il primo passo che induce il terapeuta a richiedere una supervisione di gruppo (Giusti & Rapanà, 2019).

Ma in che modo una supervisione di gruppo con la Terapia Centrata sulla Soluzione può fare la differenza? Diversi studi concordano che fondamentale è il mindset con cui i terapeuti del gruppo affrontano gli incontri, basato sui principi del costruzionismo sociale (Benjamin, 2014).

Secondo questa cornice teorica, i significati con cui si costruisce e si orienta la propria vita emergono dalle interazioni con gli altri, per cui occorre che un terapeuta faccia molta attenzione al linguaggio utilizzato con il cliente affinché sia focalizzato più sulla persona e sulle sue risorse che sul problema riportato (Cannistrà & Piccirilli, 2021).

Gli incontri di supervisione hanno il fine di stimolare nei professionisti un’attenzione non soltanto al contenuto, ossia alla definizione degli obiettivi e del piano di trattamento, ma anche a come costruire, gestire e mantenere l’alleanza terapeutica con il cliente.

Ogni membro del gruppo affina, infatti, il proprio atteggiamento affinché non risulti direttivo ma collaborativo e non patologizzante, sottolineando ancor di più quanto la supervisione sia un momento di incontro tra professionisti alla pari.

Un ulteriore vantaggio che la Terapia Breve Centrata sulla Soluzione apporta a questo tipo di supervisione sta nel fatto che allena i terapeuti a ragionare secondo un principio di economicità: indagare ciò che un collega sta già facendo e che funziona, gli consente di non fare più del necessario per raggiungere il fine desiderato (Bechsgaard, 2018).

 

Scarica gratis l'ebook sulle Terapie Brevi

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Bechsgaard, A. M. (2018). How does solution-focused supervision respond to the needs of experienced counsellors for clinical supervision?

Benjamin, B. A. (2014). Solution-focused supervision: a resource-oriented approach to developing clinical expertise.

Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2021). Terapia breve centrata sulla soluzione: Principi e pratiche. EPC srl.

Giusti, E., & Rapanà, L. (2019). Supervisione multivariata: Guida pratica per professionisti della relazione d’aiuto in formazione. Armando Editore.