Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), è una psicopatologia caratterizzata dall’ insorgenza di sintomi che compromettono il funzionamento dell’individuo a causa dell’esposizione ad un evento traumatico o ripetute esperienze traumatiche.

Il momento che stiamo vivendo oggi come comunità è estremamente complesso. In quanto clinici ed operatori della salute mentale siamo e saremo chiamati a fronteggiare le conseguenze che l’esposizione ad un trauma collettivo, come l’isolamento, potrebbe generare.

Cosa dobbiamo aspettarci?

Tra i disagi psichici che potrebbero manifestarsi con maggiore frequenza tra le persone che decideranno di intraprendere (o lo hanno già intrapreso) un percorso di terapia troveremo sicuramente problematiche legate al tono dell’umore e all’ansia.

Ma ciò su cui vogliamo focalizzarci in questo breve articolo è il Disturbo Post Traumatico da Stress, un disturbo che, com’è noto, potrebbe colpire quelle persone che subiscono l’esposizione ad un evento traumatico per un periodo di tempo più o meno lungo.

Nell’attuale nosografia del DSM 5, il Disturbo Post-Traumatico da Stress è inserito tra i disturbi correlati a trauma e ad eventi. Nella precedente edizione era, invece, classificato tra disturbi d’ansia (APA, 2013).

I sintomi maggiormente rilevanti nella diagnosi di PTSD riguardano sintomi intrusivi come flashback o rievocazione dell’evento, l’evitamento, alterazioni cognitive e del tono dell’umore, affettività ridotta e la perdita di interesse per attività ritenute significative dal soggetto, esagerate risposte di allarme, difficoltà a concentrarsi.

Il Disturbo Post Traumatico da Stress nel modello Sistemico-Strategico

Buona parte degli studi presenti in letteratura ritiene che la misura in cui la persona si riprende spontaneamente da questi sintomi dipende in larga parte dall’entità dell’evento e da quanto la stessa vi sia stata esposta. Eventi moderatamente traumatici possono portare più facilmente ad una remissione spontanea ma eventi traumatici importanti o ripetuti rendono difficile che ciò avvenga.

Secondo una visione sistemico-strategica il trauma è reale e deve essere letto in un’ottica più ampia di quella individuale poiché le sue conseguenze investono i sistemi più significativi per la persona.

Parlare di trauma secondo il modello sistemico-strategico implica la necessità di depatologizzare il cosiddetto “paziente designato”. Così facendo si punta a valorizzare le risorse del paziente e dei suoi sistemi relazionali di riferimento (quali ad esempio la famiglia) e a non enfatizzare diagnosi che mettono in luce solo ciò che non funziona nella persona. Ma attenzione perché depatologizzare non significa una sottovalutazione/banalizzazione degli eventi scatenanti il Disturbo Post Traumatico da Stres

Intervenire sul Disturbo Post Traumatico da Stress

Come per altri disturbi, anche nel trattamento del Disturbo Post Traumatico da Stress, lavorare sulle cause non è prioritario. Lo è invece invertire il funzionamento della persona, attraverso l’individuazione di strategie alternative che interrompano il circolo vizioso generato dalle tentate soluzioni disfunzionali.

Una tecnica molto utile per il trattamento del Disturbo Post Traumatico da Stress è stata ideata da Giorgio Nardone e dai suoi collaboratori del Centro di Terapia Strategica di Arezzo. Si tratta del “Romanzo del Trauma”. Essa consiste nel chiedere al paziente che ogni giorno metta per iscritto, in una sorta di racconto e nella maniera più dettagliata possibile, tutti i ricordi del trauma passato: immagini, sensazioni, pensieri. Ogni giorno dovrà ripercorrere quei terribili momenti vissuti per iscritto, fino a quando non senta di avere scritto tutto ciò che è necessario dire.

Una volta scritto, dovrà evitare di rileggere e mettere il tutto in una busta. Alla seduta successiva, il paziente dovrà consegnare tutto i suoi scritti al terapeuta. Parallelamente, si prescrive alla persona di smettere di parlare del trauma e di quanto questo stia ancora influenzando la sua vita (congiura del silenzio), veicolando tutta la pressione del malessere dentro gli scritti quotidiani.

Mediante questa prescrizione innanzitutto la persona esternalizza tutti i ricordi, le immagini, i flashback che continuamente la assillano e, trasferendoli su carta, a poco a poco inizia a liberarsene.

Il ripercorrere per scritto nel corso dei giorni il tragico evento permette anche di distaccarsi gradualmente dalla paura, dal dolore e dalla rabbia che questo ha provocato, producendo l’ultimo effetto, la ricollocazione temporale del passato nel passato. Il dover consegnare il romanzo al terapeuta, infine, rappresenta una sorta di “rito di passaggio” di superamento dell’evento traumatico.

Simonetta Bonadies
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center for Single Session Therapy

 

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Bibliografia

  • Cagnoni F., Milanese R. (2009), Cambiare il passato. Superare i traumi con la terapia strategica Ponte alle Grazie, Milano.
  • Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM 5)
  • Nardone G. (2008), Solcare il mare all’insaputa del cielo, Ponte alle Grazie, Milano.