Nell’articolo di oggi andremo ad approfondire la terapia strategica familiare, con una particolare attenzione alla conduzione della prima seduta.

La Terapia Strategica Familiare si è sviluppata intorno agli anni ’60 grazie a Jay Haley.

Secondo Haley, nel condurre una terapia con la famiglia, compito del terapeuta è quello di individuare le sequenze di comportamenti che accompagnano il problema.

Il sintomo assume un significato metaforico e spesso è indice di gerarchie familiari non rispettate.

L’obiettivo della terapia strategica familiare sarà quello di interrompere le sequenze patologiche delle interazioni tra i membri.

Il primo colloquio di terapia strategica familiare

Secondo Jay Haley, convocare tutta la famiglia ai colloqui permette di rendere l’intervento più rapido.

Egli individua cinque fasi, più il primo contatto, che caratterizzano il primo colloquio di terapia strategica familiare.

Scopo di questo colloquio sarà quindi raccogliere informazioni cruciali sul problema e sui modelli relazionali che lo mantengono.

Dopo il primo contatto, in cui il terapeuta raccoglie informazioni sulla composizione della famiglia e una breve descrizione del problema, tutta la famiglia verrà convocata nello studio del professionista.

Qui verranno seguite delle fasi specifiche.

Fase sociale

Il terapeuta accoglie i membri della famiglia, osserva l’umore, le relazioni, eventuali alleanze o coalizioni e come si rapportano con il professionista.

In questa primissima fase di terapia strategica familiare il terapeuta dovrà fare in modo che tutti si sentano a proprio agio e possano dire la loro.

Fase del problema

In questa fase il terapeuta indaga le motivazioni che hanno spinto la famiglia ad intraprendere la terapia.

Anche in questo caso è fondamentale che tutti esprimano il loro punto di vista, ascoltando come le persone descrivono il problema.

Compito del terapeuta sarà quello di osservare il comportamento verbale e non di tutti i membri, gestendo i turni della conversazione. Inoltre, dovrà spiegare il suo ruolo e la sua posizione.

Fase dell’interazione

A questo punto i membri della famiglia sono invitati a discutere tra di loro del problema, senza che il terapeuta intervenga.

In questo modo il terapeuta potrà farsi un’idea sia dell’organizzazione della famiglia che dei comportamenti che mantengono il problema, punto cruciale della terapia strategica familiare.

Definizione degli obiettivi

È il momento di chiarire quali cambiamenti i membri si aspettano dalla terapia. Gli obiettivi andranno esplicitati in termini operativi e verificabili.

Verrà quindi stipulato il contratto terapeutico.

Il terapeuta, in questa fase, potrà decidere se sarà necessario incontrare qualche altro membro della famiglia.

In questa fase del primo colloquio di terapia strategica familiare il terapeuta dovrebbe aver chiarito la struttura delle relazioni familiari.

Assieme alla famiglia dovrebbe essere stato raggiunto un accordo sulla natura del problema.

Prescrizione dei compiti

Questa non è sempre una fase necessaria del primo colloquio di terapia strategica familiare.

Sarà compito del terapeuta valutare se dare delle prescrizioni al termine della prima seduta.

Qualora si dessero delle prescrizioni, queste dovrebbero essere orientate a degli scopi precisi.

Le prescrizioni potrebbero avere lo scopo di far comportare le persone in modo diverso, di intensificare la relazione col terapeuta o di acquisire informazioni.

Per motivare la famiglia all’esecuzione dei compiti, il terapeuta dovrà prospettare ai membri i vantaggi che si otterranno. Può essere utile iniziare con qualche piccolo compito in seduta. Il professionista dovrà coinvolgere tutti i membri, assegnando a ciascuno un compito preciso.

Nella seduta successiva terapeuta e famiglia faranno un resoconto su quanto avvenuto a seguito dell’esecuzione del compito.

Riferimenti bibliografici

Haley, J. (2010) La terapia del problem solving. Milano: Franco Angeli