[Il caso clinico in questione NON è reale. Si tratta di un esempio che prende spunto da più situazioni modificate e rese irriconoscibili]

 

Si presenta al mio studio Marianna (nome di fantasia), 24 anni, studentessa di Scienze Sociali.

La ragazza si definisce in costante ansia per la sua salute.

Racconta che, la scorsa estate, dopo un pomeriggio passato a studiare, una volta alzatasi ha provato un forte giramento di testa ed è svenuta. La madre l’ha accompagnata al pronto soccorso, dove non è stato rilevato alcun problema di salute. Lo svenimento è stato ricondotto alla stanchezza dovuta ai ritmi di studio.

Da quell’episodio la sua vita è cambiata radicalmente: Marianna ha il costante terrore di sentirsi male ed è estremamente preoccupata per la sua salute.

Analisi delle tentate soluzioni disfunzionali

Durante il primo colloquio analizzo assieme a Marianna le modalità che sta mettendo in atto per tenere a bada le paure rispetto alla sua salute, individuando le seguenti tentate soluzioni disfunzionali.

  • Ipervigilanza rispetto alle sensazioni fisiche. L’attenzione di Marianna è costantemente rivolta ai segnali del suo corpo. Ogni sensazione fastidiosa la fa allarmare e temere di potersi sentire nuovamente male.
  • Ricerca di informazioni in internet. Attraverso questa tentata soluzione i sintomi legati alla propria salute vengono delegati all’esterno, fuggendo dalle proprie sensazioni che sono troppo spaventose da sopportare.
  • Socializzazione delle paure e richiesta di rassicurazioni. Non appena avverte un “sintomo”, Marianna lo deve comunicare a chi la circonda. I principali destinatari degli sfoghi riguardo la sua salute sono la madre e il fidanzato. Questi cercano, senza successo, di rassicurarla e di tranquillizzarla. Inoltre, preoccupati per lei, le chiedono costantemente come si senta. Così facendo si è ormai creato un circolo vizioso senza fine di lamentela – rassicurazioni.
  • Dall’episodio di svenimento Marianna non è più riuscita ad allontanarsi da casa in autonomia. Inizialmente l’evitamento riguardava eventi e luoghi molto lontani da casa. Piano piano però questa tentata soluzione ha ridotto drasticamente le esperienze che Marianna riesce a fare in autonomia. Quando si è rivolta a me, l’unico luogo oltre a casa in cui si recava da sola era casa del suo fidanzato, raggiungibile a piedi. Racconta di avere un’intensa paura all’idea di sentirsi male e che non ci possa essere nessuno ad aiutarla.

Manovre terapeutiche

La terapia con Marianna si focalizzerà proprio sul bloccare le tentate soluzioni disfunzionali.

Come prima indicazione le propongo la “congiura del silenzio”. Faccio notare a Marianna che, pur sfogandosi quotidianamente, la sua ansia rispetto alla sua salute non è calata. Anzi, è peggiorata. La invito quindi a stoppare ogni comunicazione riguardo le preoccupazioni sulla sua salute con gli altri. Dovrà impegnarsi a trovare argomenti di comunicazione alternativi.

Le chiedo inoltre di bloccare ogni ricerca in internet rispetto questioni di salute. Dovrà invece dedicarsi al “check up ipocondriaco”. Questo compito di ritualizzazione di ispezione corporea ha lo scopo di calare l’ansia di Marianna rispetto ai segnali del corpo. Col tempo, infatti, Marianna non percepirà più questi fastidi come allarmi, e la farà essere meno spaventata dai propri sintomi.

Una volta ripresa la confidenza col proprio corpo e imparato a sopportarne i segnali, lavoriamo sul contro-evitamento. Aiuto quindi Marianna a riprendersi gli spazi della propria vita e a ritornare indipendente, senza che la preoccupazione per la sua salute la incateni più dentro le mura di casa.

Dopo un mese dal nostro ultimo incontro risento Marianna. Mi comunica che il weekend precedente è stata fuori città per festeggiare la laurea di un’amica. Ha riconquistato la sua libertà.

 

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