Psicoterapia e/o farmaci ?

E’questo il dilemma!

Per scioglierlo è necessario abbandonare l’idea antiquata, per troppo tempo diffusa, che i farmaci siano “superiori” alla psicoterapia (la cosiddetta “terapia della parola”) ed abbracciare una nuova mentalità a favore degli effetti, in termini di cambiamenti bio-chimici nel cervello, che produce anche la sola psicoterapia con il paziente.

In alcuni casi (deliri, allucinazioni, disorganizzazioni gravi) può risultare importante, per l’attenuazione/risoluzione del problema, anche un’integrazione tra i due approcci, quello farmacologico e quello psicoterapeutico.

Dalla consapevolezza di non “farmacologizzare” all’efficacia di una psicoterapia

Non tutte le sofferenze emotive, psichiche, relazionali sono malattie che contemplano una terapia farmacologica per essere ben risolte.

Anzi, in taluni casi i farmaci appaiono non solo “superflui” ma addirittura dannosi se adoperati per trattare disturbi che non appartengono alla sfera biochimica del paziente, ma all’insieme delle relazioni che l’individuo ha con se stesso e gli altri.

Come indicato dallo psichiatra Philippe Pinel, “è un’arte di poca importanza somministrare medicine in maniera appropriata, ma è un’arte più importante sapere quando non somministrarle del tutto”.

Il farmaco può aiutare a migliorare momentaneamente, ma non a guarire dal problema. Al contrario, in altre situazioni, un percorso psicoterapeutico efficace, come una terapia breve strategica, può aiutare il paziente ad eliminare il problema invalidante che sta vivendo al momento.

Sinergia tra il trattamento psicoterapeutico e quello farmacologico

Se un paziente giunge ad una  terapia con una cura farmacologica già avviata, sarà interesse dello psicoterapeuta mettere in grado il paziente di liberarsi, gradatamente, negli ultimi stadi della terapia intrapresa, dalla dipendenza dai farmaci.

Pur tuttavia, il farmaco in alcune situazioni complesse (patologie psichiatriche gravi) si presenta utile. In quest’ultimo caso sarà necessario che nel corso della psicoterapia, il terapeuta, per poter lavorare in stretta interazione con il paziente, mantenga costante la collaborazione con psichiatri e/o neurologi che si interessano della prescrizione e relativa somministrazione del farmaco al paziente.

È risaputo e sconsigliato diminuire drasticamente l’assunzione di farmaci senza l’assistenza di un medico specialista a causa del cosiddetto “effetto rebound ”, ossia una risposta opposta che si può verificare quando si interrompe improvvisamente una terapia.

Questo significa che è corretto affermare che i due trattamenti, quello psicoterapeutico e quello farmacologico, possono operare in stretta sinergia.

E’ stato riscontrato, a tal proposito che l’efficacia di una terapia integrata (psicoterapia e farmaci) si attesta attorno al 70%.

Gli stessi farmaci, oltre ad agire sui sintomi, talvolta garantiscono la buona riuscita di una terapia, in quanto il paziente si presenta più collaborativo e partecipativo alle sedute.

Può accadere però che una terapia, seppur attenta ad un eventuale intervento farmacologico intrapreso, può preferirsi come risoluzione breve ed efficace del problema.

Come ricorda Nardone, infatti, “se c’è un problema c’è sempre- anche una soluzione”.

 

Bibliografia

Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a seduta singola: Principi e pratiche. Firenze: Giunti Editore.

Favorelli C. (2010). Psicofarmacologia per psicologia, Il Mulino.

Leonardi, F. (2019). La psicoterapia tra miti e realtà. Roma: Armando Editore.

Nardone G., (2009). Problem solving strategico. L’arte di trovare soluzioni a problemi irrisolvibili. Ponte delle Grazie.

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