Il Mental Research Institute (MRI) nacque a Palo Alto nel Settembre del 1958 grazie alle intuizioni di Donald D. Jackson che fondò un istituto dedicato agli studi sui processi interazionali.

Con il passare degli anni aderirono all’MRI clinici e ricercatori di fama internazionale quali Virginia Satir, Gregory Beatson, John Weakland e Jay Haley, Paul Watzlawick, Richard Fisch, Lynn Hoffman e molti altri.

La multidisciplinarietà dei suoi componenti fece di questo istituto una organizzazione indipendente dedicata ala ricerca, alla formazione e all’attività clinica.

Uno dei più influenti progetti di ricerca creati nell’MRI fu quello della Terapia Breve, implementato da Richard Fisch nel 1965.

Dopo la morte di Jackson, Fisch, Weakland, Watzlawick e Bodin presero il suo posto e crearono uno dei più influenti modelli di terapia breve esistenti, nonché il Centro di Terapia Breve, diretto da Richard Fisch. Questo centro si dimostrò efficace nel creare un sistematico approccio per trattare brevemente ed in maniera efficace una vasta gamma di problemi umani.

I principi fondanti l’MRI

I membri del Centro di Terapia Breve fecero una cosa molto semplice.  Anziché partire formulando delle teorie astratte, condussero una serie di interviste per capire come le persone si comportano di fronte a una difficoltà e, più in generale, come avviene il cambiamento.

La risposta fu molto semplice: di fronte alle difficoltà le persone mettono in atto una soluzione.
Ma quale soluzione è quella giusta?

La Terapia Breve concepisce i problemi come determinati e mantenuti da soluzioni che la persona mette in atto per fronteggiarli. Queste vengono definite tentate soluzioni disfunzionali.

La tentata soluzione è una soluzione che non produce benefici, al contrario peggiora il problema poiché innesca un circolo vizioso dal quale la persona fatica ad uscire in autonomia.

La terapia consisterebbe nell’ interrompere la tentata soluzione e nel proporre alla persona prescrizioni. Si tratta cioè di indicazioni su cosa fare o non fare al di fuori della seduta che modificano il suo comportamento e la sua percezione del problema (Nardone, 2008).

La terapia breve si rifà, inoltre al Costruttivismo Radicale secondo cui non esiste una realtà oggettiva, ma la realtà è sempre frutto di un’interpretazione personale.

L’obiettivo è dunque cambiare la visione del mondo disfunzionale spingendo la persona a vivere esperienze che modificano la percezione di sé e della situazione.

Ambiti di applicazione

In termini terapeutici il modello di Terapia Breve dell’MRI si è rivelato efficace ed efficiente per il trattamento di moltissimi disturbi e problematiche umane.

Tra i dati più significativi troviamo il trattamento dei Disturbi d’ansia con una percentuale di efficacia pari al 95% seguiti dai Disturbi della sfera sessuale con una percentuale di efficacia pari al 91% . E ancora Disturbi Ossessivo-Compulsivi con l’89%, Disordini alimentari con l’83%, Depressione con l’82%, Problemi relazionali nei diversi contesti l’82%, Disturbi dell’infanzia e l’adolescenza l’82%, Disturbi legati all’abuso di internet l’80%.

Il ricorso a strategie, insegnate dai docenti di Istituto Icnos, permette di raggiungere gli obiettivi terapeutici in pochi incontri. Si stima, infatti, che la durata media di un trattamento è di 7 incontri.

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Simonetta Bonadies
Psicologa, Psicoterapeuta

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Bibliografia

  • Nardone, G., Balbi, E. (2008). Solcare il mare all’insaputa del cielo. Firenze: Ponte alle Grazie
  • Cannistrà, F. (2017). “Perché mi capita sempre la stessa cosa?” le tentate soluzioni disfunzionali. lostudiodellopsicologo.it