Lì fuori non ci sono né luce né colore, ma solo onde elettromagnetiche, lì fuori non ci sono né suono né musica, ma solo variazioni periodiche dell’aria, lì fuori non ci sono né caldo né freddo, ma solo molecole in movimento, dotate di maggiore o minore energia cinetica. Infine, lì fuori, non c’è dolore”.

Questo affermò Von Foerster.

Siamo noi che diamo un senso a questa caotica materia, anche quando il dolore sembra provenire da fuori e colpirci, in realtà esso è un’esperienza strettamente soggettiva.

Hai notato?

Tutto ciò che scuote e che crea movimento passa attraverso le onde.

Non è un caso che quel fitto intreccio di contraccolpi sotterranei, che possono prodursi in un sistema familiare esteso, nei mesi o negli anni che seguono un evento emotivo importante, come la morte, si chiami “Onda d’urto emotiva”.

Sulla cresta dell’onda

L’equilibrio familiare può essere disturbato sia dalla nascita che dalla perdita di un membro e l’intensità della reazione emotiva dipende da due fattori:

– il livello funzionale d’integrazione della famiglia in quel momento;

– l’importanza funzionale del nuovo arrivato o della persona che è venuta a mancare.

Ma cosa può comportare un’onda d’urto emotiva?

Malattie fisiche, manifestazioni emotive, dalla depressione ai sintomi psicotici, ma anche disfunzioni sociali come l’alcolismo, gli insuccessi a scuola o negli affari, aborti, nascite illegittime e tutta la gamma di disturbi del comportamento.

Imparare a cavalcare l’onda

Non tutte le morti hanno la stessa importanza per la famiglia.

Per qualche famiglia alcune morti sono più neutrali, altre morti sono, per alcune famiglie, un sollievo e addirittura sono seguite da un periodo di miglior funzionamento, per altre famiglie ancora invece sono così devastanti da provocare un’onda d’urto.

L’unico comune denominatore è che la morte, pur essendo un fatto biologico ed inevitabile, viene spesso trattato come un argomento tabù all’interno del sistema familiare.

Il motivo è riscontrabile nella necessità di non parlarne per non turbare i membri della famiglia.

In genere, quando si parla di morte, i primi ad essere tutelati sono i bambini, che non devono essere traumatizzati da un argomento del genere.

In realtà spesso questo produce un effetto paradossale, suscitando in loro fantasie ed immagini distorte e poco corrette. Il più delle volte ciò che turba i bambini di fronte alla morte, non è tanto il contatto con la morte stessa, quanto il contatto con l’ansia di chi sopravvive.

Ogni rito funebre, che la cultura di ogni popolo, esistito nella storia dell’umanità, colleziona, ha la funzione di portare i sopravvissuti in intimo contatto con il morto, per poi procedere alla vita.

L’elaborazione del lutto è fondamentale per prevenire l’onda d’urto emotiva.

Un piccolo rituale per il lutto familiare

Ogni giorno, prendetevi 15 minuti in cui “vivere il lutto”, che è un modo per “vivere l’altro”. Prendete le sue foto, i suoi oggetti, e contemplateli.

Prendete 15 minuti per voi, in cui, con questi oggetti, evocherete ricordi: una vostra personale galleria di memorie, che vi accompagnano per sempre, lungo il vostro sentiero, che inesorabilmente continuerà a scorrere.

 

Bibliografia

Bowen M., M. Andolfi (a cura di), M. De Nichilo, (1979), “Dalla famiglia all’individuo. La differenziazione del sé nel sistema familiare”, Casa editrice Astrolabio, Roma

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