Duncan, Hubble e Miller (1997) affermano che il fallimento terapeutico sperimentato con alcuni clienti nelle stanze di psicoterapia ha insegnato loro tre lezioni fondamentali:

  1. Tutti i modelli teorici hanno dei limiti, motivo per cui nessun terapeuta può pensare di far calzare perfettamente su ogni paziente un determinato approccio o una determinata tecnica.
  2. La relazione terapeutica è quella che cura veramente, essa appare più preziosa delle tecniche d’intervento utilizzate dal clinico.
  3. I clienti sono i veri esperti dei loro problemi ed è per questo che desiderano giocare un ruolo rilevante nella risoluzione degli stessi.

Gli autori inoltre sottolineano come anche nei percorsi di psicoterapia possano verificarsi le cosiddette “profezie che si auto avverano”. Esse potrebbero essere responsabili del verificarsi di un fallimento terapeutico che nello specifico avverrebbe quando:

  1. Il terapeuta si convince dell’impossibilità di cambiamento del paziente, condizione questa che pone le basi per il verificarsi di un fallimento.
  2. Il terapeuta si ostina nel far fede a protocolli e modelli terapeutici che non si sposano con il caso specifico di quella persona.
  3. Il Terapeuta non tiene conto della motivazione al cambiamento della persona. Sebbene in realtà gli autori ritengano che non esistano clienti non motivati, è importante ricordare che tale condizione può essere generata dal processo clinico stesso nel momento in cui vengono fissati obiettivi terapeutici prioritari per il terapeuta ma non per il cliente.

Terapie Brevi come risorsa

Le Terapie Brevi, insegnate presso Istituto Icnos- Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Sistemico-Strategica, (per conoscere la scuola clicca qu), rappresentano un contenitore da cui attingere strumenti e metodi che conferiscono al clinico una grande opportunità. Parliamo cioè della possibilità di scegliere la strada migliore da percorrere con il proprio cliente, nel rispetto della problematica presentata e della sua Teoria del Cambiamento.

Per chi si fosse perso gli articoli precedenti ricordiamo che indagare la Teoria del Cambiamento del paziente significa capire ciò che lui pensa possa essergli o non essergli utile per stare meglio. Dare per scontato che la nostra teoria di ciò che serve alla persona per stare meglio sia la più utile e funzionale, significa limitare le possibilità di azione della terapia. Chiedere alla persona cosa secondo lei serve per cambiare permette di trovare una strada collaborativa e vantaggiosa perché perfettamente adeguata alle caratteristiche, credenze, motivazioni e possibilità della persona stessa, riducendo peraltro le resistenze (de Shazer,1984).

Le Terapie Brevi consentono quindi al clinico di ridurre le possibilità di fallimento terapeutico poiché i percorsi non sono rigidamente guidati dalla teoria di riferimento del clinico bensì dal cliente, il vero esperto del problema.

Il terapeuta, quindi, diventa sempre più un facilitatore, che aiuta il paziente nel proprio percorso, nel proprio viaggio, favorendone il suo naturale sviluppo. Questo, comunque, non significa che il terapeuta rinunci alla sua teoria e al percorso che avrebbe seguito. Significa piuttosto che si rende disponibile ad incrociare la propria visione del mondo e del problema con quello del cliente.

Ridurre il fallimento terapeutico

Duncan, Miller e Sparks (2004) credono che per ridurre l’evenienza che si verifichi un fallimento terapeutico, il clinico può avvalersi di alcune strategie:

  1. Chiedere feedback: come abbiamo già detto il clinico non ha bisogno di sapere quale approccio o tecnica utilizzare per una persona con una determinata diagnosi, piuttosto gli è estremamente utile sapere se ciò che ha pensato di mettere in atto è utile alla persona. Chiedere pareri al cliente sull’evoluzione del percorso che si sta portando avanti consente al clinico di aggiustare il tiro ed eventualmente adattarlo alla persona che ha di fronte, massimizzando così la possibilità di ottenere un successo terapeutico.
  2. Essere disponibili al cambiamento: non ci riferiamo al paziente bensì al terapeuta! Ebbene sì, è molto importante che il clinico sia in grado di rivedere le proprie credenze in merito al cliente e al suo problema, svincolandosi dalla necessità (a volte inconsapevole) di attribuire a qualcuno o qualcosa colpe o responsabilità quando le cose non vanno come sperato.

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Simonetta Bonadies
Psicologa Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center For Single Session Therapy

 

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Bibliografia

  • De Shazer S. (1984), “The death of resistance”, Family Process, 23 (11), 11-17.
  • Duncan, B. L., Hubble,M. A., & Miller, S. D. (1997). Psychotherapy with ‘Impossible’ cases. The efficient treatment of therapy veterans. New York: Norton.
  • Duncan B. L., Miller S.D. (2000), “The client’s theory of change: consulting the client in the integrative process”, Journal of Psychoterapy Integration, 10 (2), 169-187
  • Fredrike P. Bannink, MDR Posttraumatic success: Solution Focused Brief Therapy. Published by Oxford University Press, 2008.