Cosa significa “cambiare”
“Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un gigantesco insetto…”
Inizia così il racconto della vita del commesso viaggiatore Gregor Samsa che Franz Kafka fa nel suo racconto Le Metamorfosi. Un gigantesco scarafaggio, per la precisione. Una metamorfosi improvvisa che non sarà accettata da chi circonda Gregor e lo porterà addirittura alla morte.
Kafka col suo racconto ci pone dinanzi all’aspirazione ad una dimensione esistenziale più autentica, lontana dalle logiche opprimenti della “normalità”.
Forse il cambiamento è proprio questo. Un’aspirazione. Un passaggio. Un tendere verso qualcosa, qualcuno o un luogo. Il passaggio da uno stato ad un altro. Una metamorfosi per l’appunto.
Il cambiamento è ovunque intorno a noi, nella nostra vita. Cambiano le stagioni. Cambiano la natura, le persone, gli animali, le cose. Omnia mutantur, dice un proverbio latino.
Il cambiamento è una normale condizione. Tra l’altro una condizione assolutamente democratica, perché riguarda tutto e tutti. Tutto infatti evolve, si trasforma, si modifica in maniera spesso indipendente dalla nostra volontà.
Paradossalmente “tutto deve cambiare perché tutto resti come prima” ce lo dice Luigi Pirandello ne Il Gattopardo, attraverso le parole di Tancredi, nipote del Principe di Salina.
E allora se il cambiamento appartiene ad una nostra condizione naturale quasi come un’informazione inserita nel nostro patrimonio genetico, perché ci riesce così difficile cambiare?
Perché facciamo fatica a svestire un abito che mortifica i nostri desideri, le nostre ambizioni e il nostro benessere per vestire quello delle abitudini e del malessere?
Facilmente e in maniera intuitiva, potremmo rispondere che manca la forza di volontà.
Che amiamo restare incastrati nelle nostre zone di comfort.
Che abbiamo paura di muoverci verso l’ignoto.
Che cambiare significa mettersi in gioco e spesso questo è doloroso e impegnativo dal punto di vista emotivo.
Cambiare spesso significa chiedere aiuto. Rivolgersi ad uno specialista capace di accompagnarci nel processo di accettazione e gestione del cambiamento.
Il mindset della Terapia a Seduta Singola
I primi studi sulla Terapia a Seduta Singola sono stati condotti, oltre trent’anni fa in California, da Moshe Talmon, Michael F.Hoyt e Robert Rosenbaum. Essi avevano infatti osservato che molte persone che si rivolgevano ad uno psicologo o ad uno psicoterapeuta interrompevano il percorso dopo il primo incontro perché stavano meglio.
L’efficacia di questo metodo innovativo è stata poi ripresa in Italia da Flavio Cannistrà e Federico Piccirilli, fondatori dell’Italian Center for Single Session Therapy.
Il mindset (schema, atteggiamento mentale) di un terapeuta che attua una consulenza psicologica secondo il metodo di Terapia a Seduta Singola ha come paradigma di riferimento quello dell’approccio breve strategico: sfruttare ogni singolo incontro, come se fosse l’unico, per puntare alla risoluzione di un problema.
Ciò che differenzia il mindset terapeutico breve strategico da quelli più tradizionali è la sua dinamicità e la capacità di trasformare, costruire.
Un terapeuta breve è colui il quale sa utilizzare una lente sistemica nella lettura del problema del paziente. Cosa significa?
Considerare la persona come parte di un sistema (famiglia, coppia, lavoro, relazione genitore/figlio, gruppo sociale, etc.) su cui interviene e influisce il problema della persona. I sistemi relazionali di cui la persona fa parte offrono al terapeuta un importante punto di vista sui comportamenti funzionali e non che la persona mette in atto.
Un terapeuta breve è colui che svolge un lavoro complesso che guarda oltre l’individuo concentrandosi sul qui e ora. Un lavoro di costruzione che deve essere aperto alle sfide e al cambiamento.
Un intervento capace di rendere possibile il cambiamento anche in una sola seduta.
Sarà poi la persona a valutare se pensa di poter affrontare da sola la difficoltà che lo ha portato in terapia oppure scegliere di varcare nuovamente quella “porta” che resterà sempre aperta.
Uno è meglio di due o più?
Nel libro “Terapia a seduta Singola. Principi e pratiche” (2018), Cannistrà e Piccirilli riprendono gli studi sull’efficacia della consulenza psicologica a seduta singola e mettono in evidenza che:
- può rappresentare una chiave per aumentare l’accesso delle persone ai servizi psicologici;
- ha un’efficacia superiore all’assenza di trattamento e non inferiore rispetto agli interventi articolati in più sedute.
La ricerca sulla efficacia circa la relazione tra la durata dell’intervento e la tipologia e gravità dei problemi per cui viene richiesta la consulenza a seduta singola è tuttora oggetto di studio e di ricerca da parte dell’Italian Center for Single Session Therapy.
È idea diffusa quella che la consulenza psicologica o che la psicoterapia debbano necessariamente prevedere più di un incontro. Se poi il problema della persona è complesso, la durata aumenta. In realtà già in una singola seduta può attuarsi o avviarsi un cambiamento.
Singolo incontro in cui il terapeuta può già fornire un aiuto immediato e concreto alla persona.
Massimizzare è il mantra che guida la relazione terapeutica fin dal primo incontro. Principi e tecniche messe in campo dal terapeuta per permettere alla persona di trarre il massimo dell’utilità dall’incontro. Attraverso l’utilizzo di un linguaggio evocativo, si pone in evidenza il funzionamento del problema portato dalla persona in seduta e le tentate soluzioni messe in atto per affrontarlo.
Tecnica che porta il cliente, già dalla prima seduta, a vedere il problema da una prospettiva differente e a orientarsi verso l’inevitabile necessità al cambiamento.
L’accordo terapeutico e gli obiettivi da raggiungere sono poi il passo successivo.
La Terapia a Seduta Singola non deve limitarsi sempre ad una sola seduta. Dopo il primo incontro è la persona a valutare se sente di poter o voler procedere da sola o se ha bisogno di un altro incontro.
“La mia porta è sempre aperta”, sentirai dire al terapeuta che applica il metodo della Terapia a Seduta Singola.
Frase che lascia intravedere anche un’altra caratteristica di questo metodo, la possibilità di utilizzarlo al bisogno nei momenti di difficoltà durante il ciclo di vita o per problemi specifici.
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Bibliografia e sitografia:
Cannistrà F., Piccirilli F. (2018) – Terapia a seduta singola. Principi e pratiche – Firenze, Giunti Psychometrics
Fisch, R. Weakland, J.H., Segal, L.(1982) – The Tactics of change: Doing therapy briefly. San Francisco: Jossey Bass (Tr. it. Change: le tattiche del cambiamento. Roma: Astrolabio, 1983)
https://www.istitutoicnos.it/terapie-brevi/il-terapeuta-dal-mindset-sistemico/